Un volo lungo 50 anni
«Il 2007 festeggia i cinquant’anni dalla nascita della versione roadster, ma la sua storia ha origine nel 1951, quando la Daimler-Benz, guidata da Wilhelm Haspel, con Rudi Uhlenhaut a capo del reparto sviluppo, Fritz Nallinger direttore tecnico e Alfred Neubauer direttore sportivo, decise di tornare alle competizioni nella categoria Sport, nella convinzione della loro validità promozionale.
Gli alti costi in gioco e il fatto che Uhlenhaut e colleghi non potevano trascurare lo sviluppo della nuova gamma di serie, imposero una scelta di compromesso. La 300 SL non nacque da una progettazione specializzata, dallo sviluppo di sofisticati materiali e componenti pensati appositamente per le corse. Haspel, scomparso a 53 anni nel gennaio 1952, non fece purtroppo in tempo ad osservare lo straordinario risultato di questa scelta, che gratificò così il suo successore, Heinrich Wagner. Il motore prescelto fu il 6 cilindri di 2996 cm3 che erogava i suoi 115 cavalli sotto il cofano delle grandi berline, coupè e cabriolet della serie “Adenauer”. Tre carburatori Solex, un diverso albero a camme e condotti di scarico e aspirazione consentirono di ottenere 175 apprezzabili cavalli, che di per sé poco potevano contro i 12 cilindri di oltre quattro litri delle Ferrari Sport concepite dal primo all’ultimo bullone in funzione delle competizioni. Allo scopo di renderlo più adatto ad un’ambiziosa sportiva, il propulsore venne dotato di lubrificazione a carter secco e venne montato in posizione inclinata di 45°.
La potenza variava in funzione delle diverse competizioni: nell’allestimento per la durissima 24 Ore di Le Mans era di 168 CV, mentre per la Carrera Panamericana di 180 CV. Alla fine dello sviluppo, grazie all’adozione di nuovi carburatori Weber e di camere di scoppio ottimizzate, la potenza raggiunse i 202 CV.
Anche le sospensioni e il cambio a 4 velocità traevano origine da gruppi di normale produzione. La caratteristica di maggiore originalità della nuova purosangue era il telaio a traliccio disegnato da Uhlenhaut: un capolavoro di resistenza torsionale e di leggerezza (solo 50 kg!) che anticipava un modello costruttivo destinato a divenire la norma per molte grandi vetture da corsa. L’unico problema era l’impossibilità di adottare portiere tradizionali a causa dell’altezza della struttura tubolare delle fiancate. Vennero così ideate due piccole porte incernierate al centro del tetto, le quali si aprivano verso l’alto con un movimento che - secondo un paragone che gli americani colsero immediatamente - sembrava imitare il battito delle ali di un gabbiano. Nel primo prototipo la loro luce era limitata in pratica al solo finestrino, ma nella versione definitiva la soglia venne abbassata fino a comprendere la parte superiore delle fiancate.
La carrozzeria, in alluminio, era straordinariamente aggressiva e compatta. Il coefficiente aerodinamico era di Cd=0,25, con una sezione frontale di appena 1,8 m2. L’altezza era di soli 1,225 m.
Lo sviluppo della 300 SL (Serie 194) fu rapidissimo: il 27 marzo 1950 Fritz Nallinger ne aveva proposto lo sviluppo, il 15 giugno 1951 il progetto fu approvato dal board e nel novembre dello stesso anno vennero eseguiti i primi test sui circuiti della Solitude, Nuerburgring e Hockenheim. La presentazione alla stampa avvenne il 12 marzo 1952 con una dimostrazione sul tratto autostradale tra Stoccarda e Hailbronn.
Alla Mille Miglia furono al via tre vetture: Lang uscì di strada dopo essere stato il più veloce nei primi 40 km, mentre Kling finì secondo a soli 4 minuti e 32 secondi dalla vittoriosa Ferrari di Bracco e Caracciola giunse quarto dopo una grande prestazione. Seguirono i primi tre posti a Berna e la straordinaria doppietta di Le Mans, dove a trionfare fu l’equipaggio Lang-Riess. Al Nuerburgring quattro 300 SL in versione spider (di 100 kg più leggera) finirono ai primi quattro posti: dietro il vincitore Lang giunse Kling, con una vettura dotata di un compressore che ne aumentava la potenza a 230 CV, ma che in definitiva poco aggiungeva al perfetto equilibrio della Sport di Stoccarda. A chiudere in bellezza la stagione ci pensò lo stesso Kling, andando a vincere la Carrera Panamericana dopo aver percorso 3000 km su strade terribili alla media di 164,7 km/h.
Per la stagione 1953 Hans Scheremberg, nuovo direttore tecnico della Casa, aveva sviluppato una nuova versione del 6 cilindri 3 litri dotata di un impianto di iniezione che ne portava la potenza a 215 CV. La vettura, però, non calcò mai l’asfalto di un circuito, in quanto la carriera della 300 SL venne sacrificata per non distrarre il team dall’imminente ingresso in Formula 1. La storia della “ali di gabbiano” sembrava finita.
Il fiuto di “Maxie”
Max Hoffman era un concessionario di origine austriaca che nel dopoguerra introdusse sul mercato americano il meglio della produzione europea. “Maxie”, celebre per il suo fiuto commerciale, divenne anche il primo importatore Mercedes-Benz negli Stati Uniti. Ricordandosi forse di come il suo connazionale Emil Jellinek all’inizio del secolo aveva indotto la Daimler a sviluppare la celebre “Mercedes” 35 HP dietro l’irrifiutabile ordine di ben 36 unità, Hoffman garantì al board di Stoccarda che, qualora fosse stata prodotta in serie la 300 SL, si sarebbe impegnato a comprarne 1000 esemplari. Ma il suo ardire andò oltre, invitando Stoccarda a realizzarne una “sorellina” più economica, che, con una linea altrettanto affascinante, derivasse dalle classiche berline dell’epoca, le famose “Ponton”. Uhlenhaut ebbe modo 30 anni dopo di ricordare Hoffman come “l’unico venditore in grado di dire autorevolmente ai tecnici quale auto produrre”. Un antesignano delle ricerche di marketing, in altre parole, ed altrettanto convincente, se è vero che, solo qualche mese dopo le sue richieste, la 300 SL stradale e la piccola 190 SL erano sotto i riflettori del Salone di New York. Era il 6 febbraio del 1954. Il primo esemplare della “Gullwing” (Serie 198) lasciò lo stabilimento l’agosto successivo. Il suo prezzo era di 29.000 marchi, più del triplo di una berlina “180”.
L’impostazione riprendeva quella della progenitrice da corsa, con alcune significative innovazioni. Il motore ereditava l’alimentazione ad iniezione del prototipo 1953, erogando ora 215 CV a 5800 giri. Il passaggio dalle corse alla strada costò in peso circa 400 kg, portando la massa della coupè a quota 1295, ma le prestazioni rimanevano di assoluto rilievo. La velocità massima variava, a seconda del rapporto di trasmissione finale prescelto tra i cinque disponibili, tra 235 e 260 km/h. L’elasticità di marcia era incredibile, e col rapporto più lungo a 100 km/h il regime di rotazione era di appena 2.520 giri, mentre in presa diretta si poteva accelerare senza problemi da 25 km/h alla massima andatura. A richiesta era possibile rendere la 300 SL ancora più sportiva: se ne poteva ridurre il peso di 80 kg ordinando, come fecero solo 29 clienti, l’intera carrozzeria in alluminio (normalmente erano in metallo leggero solo il cofano e la “pelle” delle portiere e delle soglie), oppure si poteva richiedere l’albero a camme “corsa” che consentiva una potenza di 235 CV a 6100 giri . Quest’ultima versione era riconoscibile per i galletti cromati alle ruote in luogo delle normali borchie, ma non furono pochi i clienti che scelsero questa soluzione per dare un tocco agonistico ai cerchi della propria ala di gabbiano. Il resto della meccanica era invariato rispetto alla “Serie 194” nelle sospensioni, nel cambio a 4 marce e nei freni a tamburo con servofreno pneumatico.
L’abitacolo, con il tipico volante ribaltabile verso il basso di 90° per agevolare l’accesso al posto guida, venne razionalizzato per l’impiego stradale. La plancia era bellissima nella sua fascia centrale in alluminio tra le imbottiture superiore e inferiore in pelle, mentre dietro i due sedili venne ricavato un piano bagagli che compensava un baule posteriore occupato dal serbatoio carburante da 100 litri e dalla ruota di scorta.
Addio alle ali
Della 300 SL Coupè vennero costruiti 1400 esemplari fino al mese di maggio del 1957, quando venne sostituita dalla versione roadster, rispondente soprattutto alle sollecitazioni provenienti dal mercato americano, sensibile al fascino delle vetture aperte. Oltre ad introdurre il concetto di spider con capote in tela che la Serie SL avrebbe mantenuto fino al 2001, la rinnovata versione rappresentava anche la volontà di rendere più fruibile e confortevole la vettura, mantenendone al tempo stesso inalterate tulle le prerogative di esclusiva sportività.
A questo scopo vennero modificate le sospensioni posteriori, migliorando la stabilità alle massime andature grazie a un nuovo schema simile a quello della Formula 1 W196 e dalla Sport SLR, con un punto rotazione unico per i due semiassi posto sotto la scatola del differenziale. Sul piano della funzionalità, le nuove portiere tradizionali, rese possibili dallo chassis modificato nelle fiancate, rendevano al 300 SL appetibile anche per coloro che, sportivi nello spirito ma non troppo nel fisico, potevano ora entrare e uscire dall’abitacolo senza difficoltà. Anche la parte posteriore venne modificata, allo scopo di offrire un vero bagagliaio al posto del ripiano dietro i sedili, occupato ora dal vano per la capote. Il serbatoio, con tappo di rifornimento non più all’interno dello “psudo-baule” ma celato dietro un classico sportellino sul parafango posteriore sinistro, venne ridisegnato, e la ruota di scorta alloggiata in posizione più bassa. Unica controindicazione delle modifiche apportate fu un aumento del peso da 1295 a 1330 kg.
La trasmissione prevedeva ora quattro diversi rapporti al ponte, il più lungo dei quali consentiva di raggiungere i 250 km/h. Ulteriori sviluppi vennero introdotti nel marzo del 1961 con l’adozione di quattro freni a disco e nel marzo 1962 con il motore dotato di monoblocco in alluminio.
Dall’ottobre 1958 venne offerto a richiesta l’hard-top dal caratteristico lunotto avvolgente. Il prezzo dell’accessorio era di 1.500 marchi, che andavano ad aggiungersi ai 32.500 di un prezzo di listino che confermava il carattere a dir poco esclusivo della vettura. La produzione, con 1858 roadster costruite in sette anni, ebbe termine nel febbraio 1963, quando la sigla SL su chiamata a identificare la nuova “Pagoda”, che, volendo rappresentare l’erede anche della piccola 190 SL, fu concepita alla luce di caratteristiche sportive meno “estreme”.
Divi del cinema e successi sportivi
La 300 SL rimase un’automobile unica, in grado ancora oggi di esprimere un fascino assoluto, in grado di evocare al primo sguardo forti emozioni. Le stesse con le quali affascinò il mondo. Le cronache del tempo ne testimoniano una schiera di clienti d’eccezione, da Pablo Picasso, a Porfirio Rubirosa, a Zsa Zsa Gabor . In Italia tra le prime a sedersi al volante di una “ala di gabbiano” fu Sophia Loren, mentre mentre al fascino della roadster non seppero resistere Anita Ekberg e il grande Federico Fellini, oltre a molti protagonisti della “dolce vita” e dello spettacolo.
Secondo la tradizione comune delle più celebri Gran Turismo dell’epoca, le versioni stradali della 300 SL ottennero anche successi sportivi di rilievo. Olivier Gendebien vinse nel 1955 la Liegi Roma Liegi, all’epoca il più veloce dei rally europei, giungendo inoltre settimo assoluto alla Mille Miglia. Nello stesso anno l’olandese Hans Tak vinse con una 300 SL il Rally dei Tulipani, mentre il tedesco Werner Engel si aggiudicò il Campionato Europeo Rally alternandosi alla guida di una 220 S e di una 300 SL. Negli Stati Uniti d’America Paul O’Shea si aggiudicò nel 1956 e 1957 il titolo nazionale SCCA per vetture fino a 3 litri con una evoluzione “corsa” della roadster che venne ribattezzata “SLS”.»