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 Oggetto del messaggio: Fiat 500 la storia
MessaggioInviato: mar mag 22, 2007 7:27 pm 
Introduzione

Ci sono automobili che passano alla storia per le innovazioni tecnologiche o stilistiche di cui sono portatrici. E ve ne sono altre che meritano di essere ricordate per quanto hanno saputo rappresentare nel vissuto quotidiano di una intera generazione o di un intero Paese. Poche riescono a unire entrambe le cose: tecnica e sentimento. E quindi a lasciare un segno indelebile, a diventare una sorta di icona della loro epoca. La Nuova 500 è una di queste. In 18 anni di carriera, dal 1957 al 1975, viene prodotta esattamente in 3.893.294 unità, porta gli italiani e anche molti europei, a soddisfare un bisogno di mobilità individuale che proprio dai primi anni 50 è in costante crescita. Con la Nuova 500 finisce, ancor più che con la 600 (1955), anche la fase di emergenza postbellica della motorizzazione e dell’industria automobilistica italiana e inizia l’era della ricerca del confort, seppur minimo ed economico. Con la Nuova 500, con le sue quattro ruote popolari, il paese dei “Poveri ma belli” diventa o cerca di essere (e in parte ci riuscirà), un po’ meno povero e soprattutto più libero di muoversi.
Si conclude con la Nuova 500 anche la rinascita della Fiat e della sua gamma prodotti, dopo le devastazioni della II Guerra Mondiale. Racconta Dante Giacosa, il “papà” della Nuova 500 così come della precedente 500 Topolino oltre che di tantissimi altri modelli, nel libro “Progetti alla Fiat prima del computer” che con l’uscita della 500, il cui lancio avviene il 4 luglio del 1957, la Fiat “vedeva realizzato il programma di rinnovo dei modelli principali in sostituzione di quelli nati prima della Seconda Guerra Mondiale”. Ad intervalli di due anni erano stati lanciati sul mercato internazionale i tipi 1400, 1900, 1100 - 103, 600, Nuova 500 e i loro derivati.

Nel giro di 10 anni alla Fiat erano stati concepiti e messi in produzione quattro modelli base completamente nuovi che avevano le loro radici nella cultura tecnologica formatasi all’interno dei propri uffici e laboratori. Nessun modello italiano o straniero aveva influenzato lo sviluppo di questi progetti. Una sottolineatura, questa, che oggi può apparire ridondante ma che invece è del tutto comprensibile per l’epoca cui si riferisce: la fine degli anni 40 e gli anni 50, quando in Italia operano la Lancia e l’Alfa Romeo, ancora autonome e quindi concorrenti della Fiat mentre all’estero, sia in Germania sia soprattutto negli Usa, l’industria nazionale sembra essere, per alcuni aspetti, ancora un passo in avanti.

Dante Giacosa racconta anche del lancio della Nuova 500 e dice che ”l’Ufficio Stampa, diretto da Gino Pestelli con accanto l’attivissima Mariuccia Rubiolo, sollecitava la mia collaborazione per il lancio pubblicitario”. Una volta scelto il nome “Nuova 500 per ricordare la tanto celebrata Topolino” arriva anche il messaggio, lo slogan che dice “a vent’anni dalla originaria 500 (la Topolino del 1936), nella scia di un uguale successo, la Nuova 500, completamente nuova, moderna, di minor prezzo, più economica, degna di succedere alla prima vettura utilitaria del mondo realizzata dalla Fiat”. A Mirafiori, svela ancora Giacosa, viene coniato anche lo slogan “Piccola grande vettura”. Anche se il progettista, da uomo pragmatico qual è , taglia corto riferendo che “ la gente la chiamò più brevemente 500”. A 50 anni distanza dall’estate del 1957 e in un’era di tv anche sui telefonini cellulari, di riprese e servizi realizzati ovunque, è divertente rileggere che “il lancio avvenne in grande stile. La televisione si installò nell’officina di Mirafiori in una caldissima sera di luglio e anch’io venni chiamato per una intervista in diretta lungo la linea di montaggio”.

Da quella “caldissima serata di luglio” passeranno 18 anni e quasi 3,9 milioni di vetture costruite per arrivare ad un'altra caldissima giornata, il 4 agosto 1975: giorno in cui non più a Mirafiori ma alla SicilFiat di Termini Imerese (Palermo) verrà prodotta davvero “l’ultima”, almeno per la serie 1957-‘75, Nuova Fiat 500.

La Nuova 500 non è stata soltanto una geniale intuizione di Dante Giacosa, così come la 600 e tante altre vetture da lui ideate. E neppure un modello a tiratura milionaria, evidentemente azzeccato nella missione e nei contenuti proprio com’era nei programmi dell’Azienda in quell’epoca. La 500 è stata soprattutto il frutto di una strategia di sviluppo e rinnovamento di gamma che la Fiat ha messo in atto già durante gli anni del secondo conflitto mondiale. Vittorio Valletta, amministratore delegato prima e dal 1946 presidente della società (dopo la morte del senatore Agnelli), chiede a Giacosa di cominciare ad impostare nuove vetture da mettere in produzione alla fine della guerra mentre ancora su Torino infuriano i bombardamenti alleati e negli uffici di Mirafiori si aggirano gli “alleati-occupanti” tedeschi.

Ma è soltanto all’inizio degli anni 50, e quindi a ricostruzione delle fabbriche ben avviata, che a Mirafiori si comincia a lavorare seriamente su nuovi modelli. Nel 1949 viene quindi prodotta la Topolino C, l’ultima della serie, ma arrivano anche altri “veri” nuovi modelli: la 1.400, una variante cabriolet della stessa 1.400, la 1.900 diesel, la Nuova 1.100 del 1953 e le sue derivate. Nel 1952, poi, anche cercando un lancio di immagine tecnologica, ecco la sportiva 8 V e l’anno successivo un avveniristico prototipo a turbina.
Il periodo di ricostruzione della Fiat e la conseguente impostazione di nuove vetture, tra cui proprio la Nuova 500, si inserisce in un contesto generale quando nei primi anni 50 si moltiplicano segnali di maggior ricettività del mercato nei confronti della motorizzazione di massa. Un “bisogno” di mobilità individuale, che soprattutto in Italia è stato, almeno dal 1946 e sino a metà anni 50, supportato non dalle auto ma dalle due ruote e in particolare dagli scooter Piaggio e Innocenti, la Vespa e la Lambretta. La prima, ad esempio, è passata dalle 2.500 unità costruite nel 1946 al milionesimo esemplare costruito soltanto 10 anni dopo, nel 1956.

Nel 1955, poi, le immatricolazioni di due ruote in Italia arrivano a 400mila unità, un vero e proprio record se si pensa che nel 1951 i motoveicoli targati erano stati poco meno di 40mila. Il boom della motorizzazione a due ruote rappresenta un segnale importante per meglio valutare le prospettive del mercato a quattro ruote e accelera le attività della Fiat per presentare il nuovo modello. Il grande impegno dei progettisti Fiat si concretizza puntualmente nel 1955 con la 600, prima vera auto popolare italiana da famiglia (tra il 1955 e il 1970 soltanto a Mirafiori ne verranno costruite 2.777.313) e nel 1957 con la Nuova 500.

Il Mercato

A partire da quegli anni, tra l’altro, i volumi produttivi della Fiat crescono vertiginosamente (dalle 108.700 unità totali annue del 1950 - primo anno in cui viene superata quota 100mila nella storia dell’azienda - alla soglia delle 513.300 del 1960, a alle 994mila del 1965) così come aumenta il numero delle auto prodotte per ogni giorno lavorativo: 1.000 unità/giorno nel 1956, 2.000 unità/giorno nel 1960 quando da tre anni nei listini c’è anche la 500, e 4.000 unità/giorno nel 1965 quando alla 600 e alla 500 si aggiunge, tra le altre, anche l’850. I dipendenti, poi, salgono da 72mila del 1950 a quasi 93mila del 1960 per arrivare a quasi 185mila nel 1970.


Il boom delle quattro ruote “accessibili”, intanto, va di pari passo con l’inizio della crisi delle due ruote. Dal 1955 (anno del lancio della 600) le immatricolazioni dei motoveicoli cominciano a calare costantemente e quando la 500 arriva, nel 1957, sono poco al di sopra delle 330mila unità/anno mentre nel 1965, anno in cui Fiat produce il suo primo milione di vetture/anno, le immatricolazioni di motoveicoli superano di poco le 200mila unità. Se Fiat, insomma, aveva intenzione di acquisire una potenziale fascia di mercato nazionale con la 500 e la 600 a scapito di altri mezzi di trasporto, pare ci sia davvero riuscita. Il viaggiare “pionieristico” su due ruote, pur su uno scooter, all’Italia che va verso il benessere quindi non basta più. Le ruote raddoppiano, serve un tetto per essere riparati dalle intemperie, serve una vettura, insomma.

A questo proposito è interessante anche il tasso di motorizzazione italiano che passa da 6 veicoli/1.000 abitanti nel 1950 a 32 veicoli/1.000 abitanti nel 1960 (e quindi nel periodo di grande richiesta sia della 600 ma soprattutto della 500) per arrivare a 167 veicoli/1.000 abitanti nel 1970 e balzare a 330 veicoli/1.000 abitanti nel 1980 e cioè ad un tasso di motorizzazione di fatto in linea con quello dell’Europa Occidentale. Il grande lavoro di motorizzare gli italiani e di portarli a livelli europei nel campo della diffusione di autovetture, senza ombra di dubbio lo hanno fatto le piccole Fiat 600 e 500 supportate anche dall’850.

Il Prototipo 110

Per capire “come” e perché nasce la Nuova 500 è importante pensare non ad una semplice sostituta della vecchia Topolino (509.650 unità nel periodo 1936-1955) o a un modello che sia in grado di competere, per costi e resa, con gli scooter. In Fiat è ovviamente maturata l’idea di fare “qualcosa” di meglio. É rinata, dopo le angosce e le incertezze degli anni di guerra, la programmazione strategica sui modelli. Al proposito è interessante il racconto di Giacosa, riguardante la fase “preparatoria” all’arrivo della vettura. Il tecnico automobilistico italiano più importante della seconda metà del ‘900, del resto, essendo il vero padre della Nuova 500 è il miglior testimone dei fatti. “Mentre la 600 era in fase sperimentale – dice - avevo fatto riprendere gli studi della vettura minima, ancora più piccola e economica. Gli italiani desideravano l’automobile e si sarebbero volentieri accontentati di un piccolo spazio purché su quattro ruote. Per quanto piccola l’automobile sarebbe stata più confortevole di un motoscooter, specie nell’inverno e nei giorni di pioggia da tempo facevo abbozzare modelli di vetturette non convenzionali che dovevano competere con il soprattutto con la Vespa”.

La Fiat, peraltro, già nel 1939 ha lavorato a vetturette “minime” che erano rimaste, anche a causa del conflitto, soltanto degli esperimenti, così come era accaduto successivamente “alla prima tipo 100 a trazione anteriore e motore trasversale di 500 cm3, disegnata nel 1947 che non era stata costruita”. Durante la guerra, poi, è stato seguito con attenzione un prototipo apparso in Francia, la Gregoire, ma alla fine non ne è scaturito nulla. A Mirafiori, però, si sa che in Germania si progettano piccole auto come la Bmw Isetta, quelle che Giacosa chiama “una via di mezzo tra l’auto e la motocicletta” e che si sta cercando di far ripartire in modo numericamente efficace la produzione dell’auto del “popolo”, la Volkswagen. La Deutsche Fiat, oltre tutto, ha una sorta di antenna tecnologica in Germania con una sede a Heillbronn e una struttura di montaggio a Weinsberg. In quest’ambito lavora un tecnico di nome Hans Peter Bauhof, che Dante Giacosa definisce con “fervida immaginazione e animato da un inquieto spirito di iniziativa” aggiungendo, più in stile da nota dedicata all’ufficio personale, che si trattata di un uomo “timido e modesto ma ingegnoso, tenace e volenteroso”.Il tecnico di Heilbronn nel 1953 invia la proposta, piuttosto rustica (almeno dalle immagini che ne restano) di una vetturetta con motore monocilindrico a 2 tempi di derivazione motociclistica che secondo Giacosa è “inadatto per la vettura che Fiat voleva costruire”

Di Bauhof, invece, a Torino si apprezzano “le idee sulla costruzione della carrozzeria”. Un prototipo, Bauhof lo invia anche a Torino, Giacosa lo trova “interessante per la sua semplicità” ma viene giudicato dal resto dell’azienda “troppo approssimativo e insufficiente come automobile”. Cassata la proposta di Bauhof di utilizzare un propulsore motociclistico ecco che Giacosa prosegue nel progetto della 500 con l’obiettivo “riduzione pesi, ruote sospensioni e guida”. Restando a metà “sul filo del buon senso” dallo studiare tutto ex novo o mutuare qualcosa dalla 600 che è in fase di sviluppo avanzato, nel 1954, il tecnico decide “che il motore doveva essere un 4 tempi, a due cilindri in linea, che è il motore più semplice ed economico, raffreddato ad aria. Può essere sistemato trasversalmente, è semplice e ha un elevato rendimento meccanico”. Affida i disegni di sviluppo all’ingegner Giovanni Torrazza “l’unico tra i laureati di cui disponevo che sapesse disegnare” e la carrozzeria la realizza da solo “preoccupato com’ero - dice - di dare alla vettura una forma gradevole, una struttura quanto più possibile leggera ma robusta, una costruzione semplice ma economica”. Giacosa fa allestire 2 modelli in gesso; uno molto simile alla 600 e l’altro del tutto nuovo. “Cercavo di rendere quanto minore possibile la superficie della lamiera - dice nel suo libro - allo scopo di ridurre il peso e il costo come mi ero regolato per la 600”.
Involontariamente comico è il racconto della presentazione delle maquette della 500 perché come ricorda Giacosa “quando presentai i due manichini al Professore (Vittorio Valletta, all’epoca presidente della Fiat) e ai pochi componenti del comitato direttivo li vidi muti e perplessi anche se dopo si sgelarono, resisi conto dei vari “perché’ ed essendo necessaria una scelta decisero di assecondarmi e diedero la palma alla versione nuova”. Era nata, insomma nel 1954 la bozza della carrozzeria della Nuova 500 ed era stata scelta quella simile alla vettura che tutti conosciamo e non il design “simil-600”.

L'investimento

Ancora Giacosa, chi altri se non lui potrebbe meglio raccontare i fatti dell’epoca, dice che “approvata la carrozzeria il nuovo modello 110 (numero-nome codice interno Fiat per il progetto Nuova 500 che segue la numerazione “centenaria” dei vari “tipi” e cioè modelli) fu discusso per la prima volta nel “Rapporto tipi nuovi” il 18 ottobre 1954 cui partecipa, oltre ovviamente a Giacosa, il professor Vittorio Valletta (presidente e a.d. della Fiat), l’ingegner Gaudenzio Bono (anch’egli a.d. e direttore generale), il commendator Luigi Gajal de la Chenaje (vicepresidente e direttore commerciale) ed altri rappresentanti dei vertici aziendali. In quella occasione, tra l’altro, la nuova vettura perde la sigla di progetto e trova un primo nome, anzi numero, il “400”.
Nella riunione viene deciso che il modello avrà una potenza di 13 CV, una cilindrata 480 cm3 se a valvole in testa “e superiore se a valvole laterali”, velocità di 85 km/h, consumi di 4,5 litri per 100 km, peso 370 kg e 2 soli passeggeri a bordo. “Il campione doveva essere deliberato il 30 giugno 1955 con inizio produzione a metà 1956”. Nello stesso incontro viene approvato anche un prototipo a 4 posti anziché 2 e un altro prototipo, “ma con carrozzeria diversa e di lusso” per l’Autobianchi (società nata dalle ceneri della Edoardo Bianchi che nel 1955 è stata costituita con capitale Fiat, Pirelli e dello stesso Bianchi) Nella stessa riunione – racconta ancora Giacosa - furono decise: la 600 tetto apribile, la 600 TV, la 600 Multipla e furgoncino, la 1.100 con motore 1200-1300 e tre modelli nuovi: il 101 - 1400, il 105 - 1900 e il 112 - 2300 cm3.

La riunione nel Parco di Stupinigi

In tempi come quelli di oggi in cui le Case automobilistiche tentano di nascondere i loro modelli e ne centellinano la visione anche all’interno oppure organizzano segretissimi clinic test, è un curioso, ulteriore segno del trascorrere di oltre mezzo secolo, il racconto che Dante Giacosa fa della presentazione dell’intera nuova gamma modelli Fiat, inclusa la 500. Il tutto avviene non in un luogo protetto ma nel parco della Palazzina di Stupinigi, alle porte di Torino. Un luogo che, di fatto, è aperto al pubblico e che oggi nessun costruttore userebbe per l’anteprima dell’intera gamma prodotti futuri ai top manager aziendali e all’azionista, visto che alla riunione del 18 ottobre 1955 è presente anche Gianni Agnelli, l’Avvocato, vice-presidente della società.
“Nel parco di Stupinigi ecco il rapporto tipi nuovi” in cui Giacosa mostra la 400 (la 500) nelle versioni Fiat e Autobianchi, la 600 tetto apribile, la 600 famigliare e cioè la Multipla, la 1100, la 1400 con motore 1.600, la 1900 Gran Luce. “I prototipi Fiat e Autobianchi (quella che sarà la Bianchina) della 400 vennero approvati” annota Giacosa senza ulteriori commenti. Nuovo “Rapporto tipi nuovi” a gennaio 1956, in cui viene confermato che produzione della 400 (500) inizierà primavera del 1957 seguita a pochi mesi dall’Autobianchi. “Qualcuno espresse il timore che l’Autobianchi potesse essere giudicata dal pubblico più bella e desiderabile della Fiat - appunta Giacosa nel suo libro - tanto da preferirla ma fu stabilito di fissare un prezzo più elevato, vicino a quello della 600 allo scopo di limitare la domanda a non più di 50 vetture/giorno poiché Desio (lo stabilimento Autobianchi) non avrebbe consentito una produzione maggiore”. Nello stesso incontro un dirigente, rimasto a noi sconosciuto, propose anche di dare la 500 all’Autobianchi e far costruire la Bianchina con il marchio Fiat ma la proposta, per fortuna della Fiat, rimane lettera morta.
Venne, invece, stabilito l’investimento per il progetto: 7 miliardi dell’epoca per una cadenza di 300 vetture/giorno. “Su parere di Valletta venne deciso di produrre 500 unità/giorno di parti di meccanica e carrozzeria e sole 300/vetture giorno per altre parti di competenza delle officine sussidiarie del Lingotto”. Le 200/giorno non assemblate ma prodotte e disponibili sarebbero andate a costituire lo stock ricambi, in caso di bisogno, sarebbero state assemblate per costituire il cosiddetto “polmone” di fine linea. In vista del lancio sono mesi di grande lavoro, anche con test stradali, soprattutto per ridurre le vibrazioni e il rumore del propulsore e per aumentare affidabilità e guidabilità. All’inizio dell’estate, però, 1957 la Nuova 500 è pronta per il mercato.

Nuova 500

Nuova 500 (1957 - 1960)
Produzione: oltre 181.000 unità
(comprese le evoluzioni “economica”, “normale” e “Sport”)
Prezzo al lancio: 465.000 lire

La Fiat Nuova 500 debutta nell’estate del 1957, con un allestimento eccessivamente spartano, due soli sedili e una panchetta posteriore. La vettura può ospitare soltanto 2 persone ma porta 70 chilogrammi di bagaglio (valore importante per l’epoca).
La 500 è lunga 2,97 metri, larga 1,32 ed alta 1,325. Il passo è di 1,84 metri. A vuoto pesa 470 kg e a pieno carico 680 kg. La linea, tondeggiante e proporzionata ricorda un ovetto e si caratterizza per il tetto in tela che copre l’intero padiglione, come accadeva con la 500 Topolino. Il tetto include il lunotto posteriore che è in plastica trasparente. Il design della Nuova 500, realizzato da Dante Giacosa, permette al progettista di vincere, nel 1959, anche il prestigioso premio di design industriale “Compasso d’Oro”.
Il motore della 500 è un nuovo benzina 2 cilindri in linea raffreddato ad aria - è il primo esempio di questo genere per la Fiat - di 479 cm3 da 13 CV/Cuna. Il cambio è a 4 marce con innesti a imbocco rapido per II, II e IV marcia, il freno è idraulico sulle quattro ruote. La trasmissione è a semiassi oscillanti e la trazione è ovviamente posteriore con il propulsore, per la seconda volta in assoluto nella storia dell’Azienda torinese dopo la 600 nata nel 1955, è posizionato nella parte posteriore della vettura. Velocità massima 85 km/h, consumo medio 4,5 litri/100 km.
Le sospensioni anteriori sono a ruote indipendenti, bracci trasversali superiori, balestra trasversale inferiore e ammortizzatori telescopici sull’anteriore e a ruote indipendenti, bracci trasversali, molloni elicoidali e ammortizzatori telescopici sul posteriore. Non avendo altro spazio disponibile e riducendo quindi la capacità di carico, il serbatoio della benzina, a botticella, è stato posto nel cofano anteriore ed ha una capacità di 20 litri.


Tra le caratteristiche della Nuova 500 vi sono anche le ruote in metallo stampato senza coprimozzi e verniciato in colore chiaro, i fari sono incassati a filo carrozzeria sull’anteriore e ovali nel posteriore. Mancano, sull’anteriore, gli indicatori di direzione sostituiti da quelli, a goccia e molto grandi, laterali. Sul frontale spicca la mascherina contenente il marchio Fiat contornato da una sorta di griglia e da due baffetti cromati. Sul cofano anteriore, poi, è stata inserita una modanatura, anch’essa cromata, che ha soltanto funzioni estetiche. Le portiere si aprono a favore di vento.
Dotazioni e contenuti ridotti al minimo: ad esempio il tergicristallo non ha il ritorno automatico e i pochi attrezzi disponibili con il cric, sono inseriti in un ruvido sacco di iuta posto nel baule.
La Nuova 500 prima serie, in occasione del Salone dell’Auto di Torino del 1957 (e cioè a tre mesi dal lancio) viene già modificata. Ha incontrato, infatti, poco favore nel pubblico. A parere della clientela è decisamente troppo spartana e due soli posti a bordo sono considerati insufficienti. Un miglioramento rispetto allo scooter (peraltro meno costoso), insomma, al momento non è ancora percepito o non è percepibile dalla clientela. E non solo: il differenziale di prezzo con la 600 base (lanciata nel 1955) è penalizzante per la nuova auto Fiat. La 600, infatti, offre un motore più potente (633 cm3, 21,5 CV e 95km/h) e porta 4 persone + 30 kg di bagaglio. Inoltre ha maggiori dotazioni, è più “automobile” e costa 590.000 lire, soltanto 125.000 lire in più rispetto alla 500. La Fiat, quindi, corre ai ripari e presenta due versioni modificate che chiama 500 “Normale” e 500 “Economica”. Entrambe, a dispetto del nome che farebbe immaginare l’esatto contrario, offrono maggiori contenuti, arrivano a ospitare 4 persone grazie a un sedile posteriore “vero” e omologato oltre che leggermente imbottito, hanno un motore potenziato ma costano 25.000 lire in meno rispetto alla prima 500. La “forbice” con la 600, viene ridotta.


Tra le aggiunte alla vettura, poi, ci sono le visiere cromate ai fari anteriori, i cristalli laterali discendenti, i deflettori, le profilature sulle fiancate, i comandi sulla plancia migliorati, coppe coprimozzo cromate, un nuovo fregio modello posteriore. Il tetto in tela, si ferma ora al bordo posteriore del padiglione e diviene simile a quello che sarà utilizzato nelle versioni successive della vettura. Anche il motore viene potenziato con l’aumento del rapporto di compressione, l’utilizzo di un nuovo carburatore e di un nuovo albero a camme. La potenza, perciò, passa da 13 a 15 CV mentre la velocità massima raggiunge i 90 km/h (+5 km/h). Il prezzo è di 490.000 lire e quindi cresce rispetto alla prima 500, ma si differenzia dalla 600 con cui di fatto si confronta, ormai soltanto per 100.000 lire.


Nuova 500 Sport berlina e tetto apribile (1958 - 1960)
Prezzo: 560.000 lire (berlina) e 495.000 (tetto apribile)

Per differenziare e potenziare ulteriormente la gamma 500, la Fiat offre a metà del 1958 la versione Sport. La vettura ha inizialmente il tetto rigido e si caratterizza all’esterno per una fascia rossa posta al di sotto del padiglione e, in alcuni casi, anche per la verniciatura della scocca bicolore. Il motore viene ulteriormente potenziato con una cilindrata ora accresciuta a 499,5 cm3, la potenza arriva a 21,5 CV e ne beneficia anche la velocità massima che sale a 105 km/h (+10 km/h). I consumi salgono, ma solo lievemente, a 4,8 litri/100 chilometri. Si torna, però, ai 2 posti secchi e alla, inutilizzabile per i passeggeri, panchetta posteriore. La portata, però, cresce nuovamente a 70 kg di bagaglio.

Nel 1959 arriva anche la versione tetto apribile della Sport. La copertura in tela, tra l’altro, ha ora dimensioni che si fermano al di sopra dei sedili anteriori. Le portiere sono sempre incernierate alla parte posteriore e, a livello di particolari estetici, scompare la fascia bianca dei pneumatici (all’epoca sinonimo di eleganza) a favore di quelli interamente neri più grintosi (oltre che meno costosi all’origine), mentre i sedili sono in un tessuto plasticato e lavabile in tinta unita (rossa per lo più) con una fascia bianca superiore.

500 D-500F

Giardiniera (1960 - 1977)
Produzione: 458.000 unità (comprese le vetture costruite da Autobianchi)
Prezzo al lancio: 565.000 lire

Nel maggio del 1960 arriva la versione station wagon della 500: la Giardiniera. La vettura prevede un motore con cilindrata di 499,5 cm3 da 17,5 CV che porta questa mini sw a superare i 95 km/h e a consumi di 5,2 litri/100 chilometri. Tecnicamente il fatto più importante è il cambiamento dell’architettura del motore bicilindrico che, per essere ospitato sempre nel posteriore e permettere un piano di carico senza sbalzi, è ora a disegno e posizione orizzontale, a “sogliola” si dice in Fiat. Questo stesso propulsore, tra l’altro, sarà resuscitato nell’ultima fase di vita della 126, con la versione Bis a portellone posteriore apribile degli ultimi anni 80 ed equipaggerà, con le necessarie modifiche ed evoluzioni, anche le prime Cinquecento del 1991.
Tornando alla Fiat 500 Giardiniera, i tecnici di Mirafiori aumentano il passo di 10 centimetri per accrescerne la capacità di trasporto. Ne derivano dimensioni che vedono una lunghezza di 3,182 metri, larghezza di 1,323, altezza di 1,354 e passo, appunto, di 1,940 metri. La vettura pesa a vuoto 555 kg e a pieno carico 875. A livello di meccanica i freni sono sempre idraulici sulle quattro ruote, il cambio è sempre a 4 marce con II, III e IV con imbocco ad innesto rapido mentre l’architettura delle sospensioni è, di fatto, invariata.La portata della Giardiniera è di 4 persone + 40 chilogrammi di bagaglio. Il modello, però, dispone di un sistema di abbattimento dello schienale dei posti posteriori che ne accresce la capacità di trasporto. Con il solo guidatore a bordo, la 500 Giardiniera porta quindi sino a 200 chilogrammi di bagaglio.

La linea è quella tipica di una piccola station wagon dell’epoca, mantiene sull’anteriore le forme tondeggianti della 500 berlina ma acquista due indicatori di direzioni tondi mentre si riducono le dimensioni di quelli laterali, con due porte anteriori (sempre a favore di vento nell’apertura) ed un piccolo portellone posteriore con apertura da destra verso sinistra, incernierato sul lato sinistro. Per i posti posteriori i vetri sono a scorrimento e permettono un minimo di ulteriore aerazione e ricambio d’aria. Sul padiglione c’è un lungo tetto apribile in tela. La Giardiniera verrà costruita prima a Mirafiori, sulle stesse linee della berlina. Dal 1966, però, verrà trasferita a Desio e costruita dall’Autobianchi (entrata nell’orbita Fiat a metà anni 50). Complessivamente saranno prodotte 327.000 Fiat 500 Giardiniera (alcune, tra l’altro, verso la fine della carriera del modello saranno proposte soltanto con una scritta Autobianchi e senza marchio Fiat sul frontale e sul posteriore).


La 500 D (1960 - 1965)

500 D (1960 - 1965)
Produzione: 642.000 unità
Prezzo al lancio: 450.000 lire

Nell’autunno del 1960 la 500 viene offerta nella nuova serie D. La cilindrata viene aumentata a 499,5 cm3. la versione, cioè, eredita il motore della Sport che contemporaneamente viene tolta dai listini. La potenza è di 17,5 CV, la velocità di 95 km/h e il consumo medio di 4,8 litri/100 chilometri. L’abitabilità omologata torna a 4 persone con 40 chilogrammi di bagaglio. Cresce anche il peso a vuoto che arriva a 500 chilogrammi (la prima 500 del 1957 ne pesava 470, segno di un aumento importante di contenuti e di un irrobustimento dei materiali) e a 820 chilogrammi a pieno carico.
La linea resta ovviamente invariata, le portiere sono sempre incernierate sulla parte posteriore ma cambia il disegno dei lampeggiatori anteriori e laterali che viene mutuato da quelli della Giardiniera, dei gruppi ottici posteriori e del tettuccio in tela che si presenta ora più robusto, più facilmente apribile e si riduce lievemente nelle dimensioni. Le fasce degli pneumatici tornano bianche.
Viene rivista, con la 500 D, la forma del serbatoio che se resta sempre posizionato nel cofano anteriore perde la iniziale forma a botticella e permette, grazie a una sagomatura meno grossolana, di guadagnare qualche centimetro nel baule e di crescere dai 20 litri iniziali a 22 litri. Viene adottato (dopo la felice esperienza della Giardinetta) anche lo schienale posteriore abbattibile.


500 F (1965 – 1972)
Produzione: 2.272.000 unità (comprese le 500 L)
Prezzo al lancio: 475.000 lire

Debutta a marzo del 1965 la 500 F (nel 1968 verrà affiancata in listino dalla 500 “Lusso”) e si caratterizza, per la prima volta nella storia del modello, per le portiere incernierate sull’anteriore più sicure anche in caso di urto e che permettono di far finalmente scomparire, a 8 anni dalla prima serie della 500, le antiestetiche cerniere a vista delle stesse portiere. A livello di meccanica viene irrobustita la trasmissione con una serie di interventi migliorativi su frizione, semiassi e differenziali.
Il motore, sempre un 499,5 cm3 raggiunge ora i 18 CV e porta la 500 F a 95 km/h. I consumi salgono, rispetto alle versioni del passato, a 5,5 litri/100 chilometri. Anche i pesi aumentano arrivando a 520 chilogrammi a vuoto e 840 chilogrammi a pieno carico. La vettura mantiene finalmente e definitivamente i 4 posti con un massimo di 40 chilogrammi di bagaglio. Aumentano, inoltre, le pendenze superabili che arrivano al 26% (nella prima serie era il 23%).
All’interno vi sono alcuni miglioramenti e arricchimenti di dotazioni, e materiali. Con la 500 F, però, la Fiat comincia a pensare effettivamente anche alle differenziazioni di gamma a livello di prezzo, estetica e contenuti. A Mirafiori, quindi, concepiscono una versione “base”, la 500 F appunto e una più completa, la 500 “Lusso” che arriverà nel 1968.

500L

500 L - “Lusso” (1968 – 1972)
Produzione: 2.272.000 unità (comprese le 500 F)
Prezzo al lancio: 525.000 lire

La missione di questa versione, apparsa a settembre 1968, è chiara: coprire la richiesta di una clientela che vuole una vettura più completa, più caratterizzata e più “lussuosa”. Si tratta di automobilisti disposti anche a spendere 525.000 lire e cioè, circa 100.000 lire in più rispetto alla 500 F. Il marketing, l’evoluzione dei gusti, il cambiamento degli stili di vita, insomma, fanno realizzare agli uomini di Mirafiori una vettura che, nella sua epoca, diventerà anche un piccolo status symbol. Inizia già la fine dell’era delle vetture spartane perché la clientela vuole qualcosa in più.
A livello di meccanica e prestazioni, comunque, la 500 L non cambia (motore 499,5 cm3 da 18 CV, velocità massima 95 km/h. I consumi, invece, scendono a 5,3 litri/100 chilometri dai 5,5 litri/100 chilometri della 500 F). É diversa, invece, la 500 L nell’estetica interna ed esterna. Intanto l’adozione dei rostri cromati ai paraurti anteriore e posteriore fa crescere la sua lunghezza a 3,025 metri dai 2,970 metri della 500 F (il peso, poi, sale ancora di 10 chilogrammi e arriva a 530 chilogrammi a vuoto). La fanaleria anteriore e posteriore muta radicalmente: sono più grandi i due fari tondi anteriori e gli indicatori di direzione e altrettanto accade alle luci posteriori.

Cambia anche il fregio Fiat sull’anteriore che ora è rettangolare mentre sulla 500 F è ancora contornato da una griglietta e da due baffi in plastica verniciata in color cromo-argento. Sui gocciolatoi del padiglione, per la prima volta appare una mostrina cromata. Sul posteriore, inoltre, il corsivo del nome del modello delle precedenti serie viene abbandonato in favore di una nuova grafica di marca e di modello a rombi con lettere stampatello nere, poste in orizzontale e non più trasversali al cofano, contornate da quadrati a fondo grigio metallizzato che sono in linea con la grafica dei rombi del marchio Fiat e che ritroviamo, a partire dal 1968 su tutte le vetture della casa.

Abbondano le cromature, e non solo nelle guarnizioni, cambiano i copri ruota e novità importante, anche per la sicurezza, la 500 L adotta di serie pneumatici radiali. Ma è all’interno che la 500 L dimostra in particolar modo di tenere fede al proprio indicativo di versione “Lusso”. Cambia, ad esempio, il disegno del volante che resta sempre a due razze ma che ora ha un incavo centrale e non è più di plastica ma in metallo verniciato in nero opaco, vengono ridisegnati la plancia e alcuni particolari interni, i sedili sono sellati in skai trapuntato in verticale che il più delle volte viene proposto in color cuoio chiaro o in rosso. Gli stessi sedili, inoltre, sono maggiormente imbottiti, hanno gli schienali reclinabili, crescono (ad esempio sulle portiere) numero e dimensioni delle tasche porta oggetti.Quello della 500 L, però, è una sorta di canto del cigno del modello. Nel 1972, quando uscirà dai listini ci sarà una nuova auto tra le piccole Fiat, la 126, e dal 1972 al 1975 resterà in produzione soltanto un’altra versione della 500, l’ultima, la più spartana versione R.

500R

500 R (dal 1972 al 1975)
Produzione: oltre 340.000 unità
Prezzo al lancio: 600.000 lire

In contemporanea con la presentazione della sua “erede”, la 126, viene lanciata nell’autunno del 1972, al Salone dell’Auto di Torino, l’ultima 500. La vettura scrive la parola fine ad una storia iniziata 15 anni prima, nel 1957, con un totale di 3.893.294 unità costruite a Mirafiori, all’Autobianchi di Desio e, infine, anche alla SicilFiat di Termini Imerese (Palermo) da dove uscirà nell’estate ’75 l’ultimo esemplare in assoluto della 500.
Nei suoi ultimi tre anni di carriera, comunque, la 500 (chiamata R, una lettera che indica “Rinnovata”) utilizza il motore 594 cm3 della 126 peraltro depotenziato a 18 CV dai 23 della stessa 126 ma mantiene il vecchio cambio 500. Cresce però in velocità massima arrivando a 100 km/h, utilizza nuovi cerchi in lamiera stampata ad effetto lega leggera ma ha interni meno ricchi della precedente 500 L in cui predomina il colore nero del volante tornato ad essere tutto in plastica, della corona della strumentazione e delle mostrine delle spie oltre che delle sellerie e di alcuni portaoggetti. Rispetto alla 500 L, insomma, la R è un passo indietro come dotazioni e indica chiaramente la fine vita del modello anche in virtù di una riduzione di contenuti. L’obiettivo della Fiat, peraltro, all’epoca è chiaro: la clientela deve indirizzarsi sulla 126, sulle sue linee squadrate. È finita l’epoca del tutto tondo della 500 e dell’Italia motorizzata in 15 anni (1957 - 1972) anche grazie alla piccola vettura disegnata da Dante Giacosa.
La 500 in tutte le sue declinazioni ha superato a livello di numeri prodotti anche la 600, altra vettura ideata da Giacosa, che ha chiuso la carriera a quota 2.677.313 unità totali in 15 anni di vita, dal 1955 al 1970. La 500 Topolino, invece, a causa anche della II guerra mondiale è stata costruita al Lingotto dal 1936 al 1955 ma si è fermata a poco più di 509 mila unità. Per anni, quindi, e in attesa delle tirature milionarie di Uno, Panda e Punto, la mitica Nuova 500 del 1957-1972 è la vettura Fiat più venduta e prodotta.

Le Autobianchi

Nella “storia” della 500 occorre doverosamente citare l’Autobianchi. La società Edoardo Bianchi nel 1955 confluisce nella Autobianchi, una S.p.A. a capitale Fiat e Pirelli. Dal 1967 Autobianchi è poi interamente della Fiat. Quando la società, a metà anni 50, viene trasformata, smette di costruire auto in proprio e diventa un marchio che propone varianti, normalmente più care di alcune vetture della stessa Fiat. È il caso della Bianchina, in pratica una 500 “diversificata” ideata anch’essa da Giacosa, che debutta nel 1957 a prezzi però più alti della “cugina” Fiat proprio per evitare sovrapposizioni e cannibalizzazioni di gruppo sia nella versione berlina, sia nella successiva Bianchina Panoramica e cioè una 500 Giardiniera in stile Autobianchi,
Per il marchio milanese, poi, arriverà nel 1964 la Primula (prima berlina italiana a trazione anteriore e motore trasversale, nata sempre da una idea di Giacosa) e quindi la A 111 e la mitica A 112. A Desio, dove c’è lo stabilimento Autobianchi, verrà costruita sino agli anni 70 la 500 Giardiniera.
L’Autobianchi passa complessivamente da sole 141 vetture immatricolate in Italia nel 1957, alle 12.233 del 1960, alle 74.397 del 1970. Importanti, per l’epoca, i numeri complessivi della Bianchina Cabrio che sono dal 1957 e in circa 4 anni, pari a 9mila unità.

Abarth-Giannini

Le Abarth

Abarth è la firma italiana dell’elaborazione meccanica e prestazionale in chiave sia stradale sia corsaiola. Carlo Abarth, al Salone di Torino del 1957, espone una versione elaborata della vettura appena presentata da Fiat che, mantenendo inalterata la cilindrata, arriva a 20 CV dai 13 CV di serie e a 100 km/h dagli 85 km/h del modello “normale”. Sempre allo stesso salone, Abarth propone, con la Pininifarina, una deliziosa versione coupè della 500. Nel 1958 il costruttore austro-torinese realizza una 500 GT anche con Zagato. Nel 1963 ecco la 595 berlina 1° serie, con motore derivato dalla 500 D e 30 CV di potenza. Si tratta di una vera e propria “bombetta”, totalmente rivista nella meccanica rispetto alla versione base che è ordinabile o come vettura già assemblata e completa o in kit ad un extraprezzo di 145.000 lire. Della 595 si avranno una serie di evoluzioni nel 1964 con la 595 SS berlina decappottabile, la 695, la 695 SS del 1965 e del 1966. Le 500 Abarth diventano negli anni un oggetto del desiderio e di fatto fanno nascere in Italia la voglia e la moda del cosiddetto tuning, al punto che chi non può acquistare una Abarth cerca, almeno, di utilizzarne gli accessori estetici. Compaiono così sulle strade delle normalissime 500 D che, almeno esteticamente, ricordano però una 595. Una scelta, questa, che oggi potrebbe far sorridere ma che è abbastanza comune in una certa Italia ruspante degli anni 50 e 60.

Le 500 Giannini

Nel parlare di 500 elaborate non si può prescindere dal citare anche fratelli romani Domenico e Attilio Giannini. La società, nata come officina specializzata di riparazioni meccaniche, si lega negli anni 20 all’Itala e negli anni 30 inizia a elaborare vetture Fiat, tra cui le Topolino e dal 1957 la Nuova 500. Gli anni sino al 1960 sono i migliori per la Giannini che apre anche delle sue concessionarie e officine e propone numerosi kit di elaborazione oltre che modelli già pronti sia per l’uso normale sia corsaiolo.

I carrozzieri e le 500 “modificate”

Tra i carrozzieri e stilisti che si sono dedicati alla 500 ci sono anche Vignale con il modello Gamine derivato dalla 500 F, Moretti (che ha tentato anche la via del propulsore elettrico), Francis Lombardi con la sua coupè 2 posti Coccinella e Fissore che, oltre a un coupè, nel 1966 tenta la strada del fuoristrada con la 500 Ranger che ha meccanica irrobustita mutuata dalla 500 e in parte dalla 600 ma mantiene la trazione posteriore a due ruote motrici.


Alfabeto della 500

(A) - Avviamento motore: l’operazione richiedeva tre fasi. Per prima cosa bisognava inserire la chiave nel commutatore posto al centro del cruscotto, girarla verso destra; quindi con la mano si doveva sollevare la levetta dell’aria e del carburatore, posta a sinistra dietro al cambio tra i due sedili anteriori, modulandone l’altezza anche a seconda delle condizioni climatiche esterne. Era quasi un’arte, questa. La si apprendeva con il tempo e serviva ad evitare ingolfamenti o malfunzionamenti; per terza e ultima cosa occorreva tirare verso l’alto l’altra levetta, quella del motorino elettrico. Un colpo, due colpi, a volte un piccolo botto, la 500 vibrava tutta…ed ecco. Il motore bicilindrico era partito con il suo inconfondibile rumore. Mano a mano che il propulsore andava in temperatura si abbassava la levetta di sinistra. A volte l’operazione era troppo repentina ed ecco che il motore sembrava “strozzarsi”, perdeva colpi…Bastava sollevare leggermente la leva e il propulsore tornava a girare normalmente sino a quando, entrato in temperatura, la leva andava totalmente abbassata.

(B) - Batteria. Le tecnologie costruttive degli anni 50 ma anche degli anni successivi, facevano della batteria un oggetto da trattare con estrema cura. E non soltanto perché sulla 500, la batteria era minuscola, incastrata nel baule anteriore, accanto alla ruota di scorta. Il costruttore prescriveva “ogni 2.500 chilometri, a batteria riposata e fredda, la verifica dell’elettrolito in ogni cella”, l’aggiunta eventuale di acqua distillata, una verifica dei livelli ripetuta durante l’estate e, ogni 10.000 chilometri, il controllo dei morsetti. Nonostante tutto questo, però, le batterie dell’epoca parevano essere dotate di un autonoma, dispettosa, autodeterminazione. Decidevano da sole, infatti, di “entrare in sciopero” e non si sapeva mai il perché, il per come e il quando.

(C) - Chiavi: erano doppie e cioè con una si aprivano le portiere e con l’altra si agiva sul commutatore. Non venivano forniti doppioni all’acquisto e quindi occorreva subito annotare il numero di serie di ciascuna, per ottenerne in caso di smarrimento o danneggiamento un duplicato dalla rete Fiat. Chi ha posseduto una 500, di qualunque serie essa sia stata, ricorderà che le chiavi erano di un metallo leggerissimo, facilmente deformabile ma che d’inverno, in caso di serrature bloccate dal gelo, potevano essere riscaldate con un accendino per facilitare l’apertura delle portiere.

(D) - Deflettori. I due triangoli di vetro servivano nell’ordine: a modulare la quantità d’aria esterna in entrata nell’abitacolo se non si volevano abbassare, in tutto o in parte i due cristalli laterali e a mantenere un ricambio d’aria continuo. In più, in caso di umidità, facilitavano il disappannamento dell’interno del parabrezza . Per chi fumava, poi, viste le dimensioni micro del portacenere della 500, i deflettori servivano ai più educati, a buttar fuori la cenere e ai maleducati, purtroppo, l’intero mozzicone. Il deflettore, infine, era purtroppo molto utile ai ladri d’auto: torcendolo lievemente (era incernierato verso la cornice in modo abbastanza provvisorio) e agendo sulla sua guarnizione, l’oggetto non si rovinava irreparabilmente ma si apriva quel tanto che permetteva di arrivare subito alla leva che sbloccava le portiere.

(E) - Economia: “Abbiate presente che pochi minuti di vantaggio per aver percorso a velocità eccessiva una certa distanza possono significare una notevole spesa in più per combustibile, pneumatici e manutenzione. É come buttar denaro dal finestrino mentre il buon senso aiuta l’economia”. Questa frase, attualissima ancora oggi nonostante lo stile un po’ cattedratico, è contenuta nella 16ma edizione (1963) del libretto “Consigli agli utenti”, una sorta di raccolta di “norme del saper vivere automobilistico” che la Fiat allegava ad ogni Libretto di uso e manutenzione delle sue vetture. “Evitate inutili accelerazioni – dice ancora il testo - e non insistete più del necessario sulle marce inferiori a motore imballato, evitate frenate brusche rallentando anche solo con una minor pressione sull’acceleratore. Considerate l’autoveicolo come un essere vivente: anche lui ha le sue esigenze e, come tutti gli organismi, ha un limite di possibilità che non conviene forzare. Non chiedetegli più di quanto possa dare, tenetelo alla frusta solo in casi eccezionali e dategli biada e avena curandone la sua sistemazione in scuderia e se accusa disturbi, fatelo visitare…”.

(F) - Frigo Fiat: non c’entra nulla con l’alfabeto 500 o forse c’entra moltissimo. Il benessere degli anni 50 e 60 è fatto in Italia dall’auto e dalla motorizzazione di massa crescente ma anche dallo sviluppo degli elettrodomestici “bianchi” e cioè cucine, frigoriferi e lavatrici. Fiat, al Lingotto, produceva anche frigoriferi e lavatrici, peraltro robustissimi e ben funzionanti come ricordano quanti li hanno utilizzati o visti utilizzare. Il settore degli elettrodomestici, tra l’altro, non era marginale per l’azienda poiché in numerose relazioni del C.d.a. alle assemblee degli azionisti, si citano con orgoglio tra le “Produzioni complementari e accessorie” “gli sviluppi notevoli degli elettrodomestici che facciamo (l’azienda fa ndr.) al Lingotto”.

(G) - Grattare le marce: termine ruvido, anche a livello di linguistica che esemplifica la mancata doppietta e cioè il colpetto di acceleratore tra un cambio di marcia e l’altra con la frizione premuta tipico della 500 e dei cinquecentisti. I “maestri” della doppietta (o del doppietto secondo alcuni) si esibivano “a scendere” e cioè scalando le marce e anche “a salire”. Per molti la doppietta, se perfettamente eseguita, aiutava anche le prestazioni della 500, per tutti favoriva le cambiate e, sempre per tutti quanti hanno guidato anche solo per pochi minuti una 500, la doppietta rappresenta il gesto tipico di un’epoca e di un’auto.

(H) - Hot: caldo e cioè il riscaldamento della 500. Era decisamente rudimentale, comandato come era da una levetta posta alla fine del tunnel sul lato destro, dietro al sedile del passeggero e, quindi, da quest’ultimo quasi irraggiungibile se non con una serie di torsioni del braccio. Soltanto il guidatore poteva comandare agevolmente la leva che, una volta girata verso destra, convogliava l’aria calda proveniente dal vano motore all’interno dell’abitacolo e attraverso un tubo la faceva sfociare in due feritoie poste sulla plancia. Le ridotte dimensioni interne della 500, un maggior spirito sportivo e per molti un’età più giovane, non hanno mai fatto pensare che la 500 fosse una vettura “fredda”. Semmai, qualche volta, era persino troppo calda.

(I) - Interruttori. Sulla 500 erano 3: uno per l’illuminazione del quadro, uno per le luci e uno per il tergicristallo. Erano tutti e tre posti sulla plancia, con la levetta contornata da una ghiera zigrinata. Tra le particolarità della 500, oltre agli interruttorini, anche la mitica pompetta in gomma nera per il liquido lavavetro (era a destra in basso del volante sotto al bordo della plancia e andava premuta a lungo, anche qui con arte e conoscenza, ad evitarne il blocco). C’era, infine, l’acceleratore a mano, che nelle ultime serie (dalla F del 1965) era stato inserito al di sotto della tasca portadocumenti del sottoplancia.

(L) - Lubrificazione: la massa di lubrificanti richiesta dalla 500, la cadenza breve degli intervalli di rabbocco o sostituzione, dimostra, come nel caso già citato della batteria, l’evoluzione del prodotto automobile. Riesce difficile pebsare, oggi, che il cambio dei fluidi avviene dopo percorrenze di migliaia di km e a doppia cifra, e che nella 500 si dovesse verificare il livello dell’olio motore ogni 500 km e che questo andasse sostituito ogni 10mila km o 6 mesi, mentre a propulsore nuovo ci fosse, prima, l’olio di rodaggio da sostituire a 1.500 km e che dopo altri 4-5000 km l’olio andasse nuovamente sostituito. In più c’erano tre tipi di “grasso” da utilizzare per lubrificare le altre parti meccaniche. La 500, peraltro, era una vetturetta robustissima ma strade, materiali, tecnologie imponevano attività e sinecure oggi impensabili. Ogni 20.000 km, ad esempio, Fiat chiedeva la lubrificazione “mediante pennello imbevuto di olio da motore” delle cerniere delle portiere.

(M) - Ancora la preziosissima 16ma edizione (1963) del libretto “Consigli agli utenti” contiene una serie di massime per la circolazione che vale la pena di rileggere. “Usare l’avvisatore acustico e i lampi di luce non è una polizza di assicurazione contro gli infortuni. Abusarne vi procura soltanto epiteti poco lusinghieri da parte del prossimo”. E ancora “Evitate ogni scatto nervoso quando siete al volante: non state a inferocirvi con gli altri utenti della strada e astenetevi da ripicchi (testuale) con i conducenti degli altri veicoli: la strada non è una pista”. E, infine, “ricordatevi che non occorre maggiore fatica a guidare bene di quanta ne occorra a guidare male e fate in modo che chiunque vi conosca possa lodare la vostra effettiva perizia e preferirvi ad altri al volante”. Il testo, va ribadito, è di 44 anni or sono.

(N) - Naftalina: sempre nel libretto “Consigli agli utenti” troviamo “in caso di lunga inattività della vettura, per evitare l’azione delle tarme sui tessuti cospargere la tappezzeria di naftalina, canfora o prodotti simili”. La 500 peraltro aveva interni in tessuti plastificati ma, in Fiat, avevano deciso di abbondare nelle cautele. Per gli pneumatici, invece, il libretto consigliava di smontarli, riporli in ambiente scuro “cospargendo l’interno delle coperture e le camere d’aria di talco”.

(O) - Onore alla plastica: materiale che se impiegato oggi, su un auto, viene considerato di basso livello. Sulla 500 L del 1969, dove L sta per Lusso, la Fiat però ribadisce nel libretto di uso e manutenzione più volte che i materiali plastici lucidi e neri utilizzati in alcuni componenti non solo estetici sono “in plastica”, un materiale che, quasi 30 anni fa, evidentemente rappresentava un “plus”.

(P) - Prestazioni e pendenze massime nelle varie marce per la 500 F (motore 499,5 cm3 da 18 CV) secondo il libretto uso e manutenzione: in I 23 km/h, in II 40 km/h, in III 65 km e in IV circa 95 km/h. Pendenze: 26% in I, 13% in II, 7% in III e 3,5% in IV. La lettera “P”, però, richiede una nuova citazione del portacenere della 500. Assemblato in un pezzo unico, in lamiera cromata sul bordo e nella linguetta d’apertura e per il resto era verniciato in nero opaco, per essere pulito (visto che la sua capienza era di massimo 2 mozziconi) andava estratto dalla plancia. Risultato l’intero abitacolo cosparso di cenere e un buon invito a non fumare.

(Q) - Quadro di controllo: il tachimetro contachilometri era tondeggiante, sormontato da una ghiera in plastica chiara e con i numeri indicanti le velocità su campo nero. All’interno conteneva la lancetta di color rosso e l’indicatore delle velocità con dischetti che segnalavano i massimi raggiungibili oltre all’indicatore numerico dei chilometri percorsi, senza le centinaia di metri. In basso c’erano quattro spie: la verde dell’accensione delle luci di posizione, la rossa dell’insufficiente tensione della dinamo o carica della batteria, la rossa della riserva (non presente nelle prime versioni) si illuminava quando restavano dai 5 ai 3 litri nel serbatoio su un totale di 22 del pieno e, ancora la rossa spia sulla insufficiente pressione dell’olio. Nella 500 L, Lusso, comparve invece un quadro controllo rettangolare, persino enorme per la pancetta della 500, derivato ad quelli più grandi dei modelli superiori.

(R) - Rodaggio: fino a 700 chilometri di percorrenza Fiat imponeva di non superarre i 15 km/h in I e i 60 in IV, tra i 700 e i 1.500 (primo tagliando tra 1.500 e 2.000 chilometri) 20 km/h in I e 75 in IV. Era previsto anche un secondo tagliando a 4.000 chilometri da effettuarsi “nelle Stazioni di Servizio che Fiat ha istituito in Italia e all’estero per un migliore assistenza alla sua clientela”. La “R” merita anche la voce: radio. Non prevista da Fiat, neanche come optional. Dalla metà degli anni 60 arriveranno le Autovox e le Voxson (qualcuno monterà la tedesca Blaupunkt considerata di miglior resa e qualità anche se più costosa). Essendo impossibile inserire le radio in plancia, queste verranno montate su due slitte fissate al sottoplancia e qui troverà posto anche un unico altoparlante, il che creerà non poco ingombro per le gambe del passeggero. L’antenna, infine, verrà fatta uscire dal bordo del muso accanto al cofano baule e adagiata sul gocciolatoio lato guida.

(S) - Sedili: quelli anteriori scorrevano su due guide in metallo e la posizione poteva essere regolata agendo su una leva. Per accedere al divano posteriore bastava inclinare in avanti lo schienale degli anteriori e in quel modo si alzava e inclinava l’intero corpo dell’oggetto (cuscino e schienale). Se si dovevano caricare bagagli il divano posteriore poteva essere asportato e lo schienale piegato in avanti. A richiesta (di serie sulla L) dalla fine degli anni ’70 lo schienale dei sedili anteriori veniva fornito con 4 regolazioni. Oltre la quarta tacca, lo schienale poggiava sul sedile posteriore.

(T) - Tetto apribile. Utile sempre: per cambiar l’aria all’interno, per far sembrare la 500 una cabriolet, per festeggiare qualche evento sportivo (chi non ricorda le notti di Messico ’70 con bandiere e persone festanti dal tetto della 500) e, in definitiva per offrire a una vettura unica una caratteristica unica.

(U) - Utensili in dotazione (inizialmente racchiusi in una sacca di juta) poi in plastica: due chiavi di varie dimensioni, un punzone, un cacciavite doppio, una chiave a tubo per le candele, la manovella per il fissaggio delle ruote ai mozzi e il cric. In pratica una dotazione amplissima per una utilitaria, che si spiega con l’epoca in cui agisce la 500. Un periodo in cui contava molto anche il “fai da te” meccanico. In più la semplicità costruttiva della 500, permetteva, anche riparazioni veloci e di emergenza.

(V) - Vano motore: si poteva aprire sbloccando una leva ma era anche possibile asportare completamente il cofano. Una soluzione, questa, molto gradita ai meccanici se dovevano fare interventi più lunghi e complicati di un semplice controllo o rabbocco.

(Z) - Finisce l’alfabeto 500 con la lettera “Z”, quella di zucca. Nella favola di Cenerentola la zucca si trasforma in carrozza e permette la realizzazione di un sogno perché “i sogni sono desideri”. La 500, che zucca certo non era e non è mai stata, si è però trasformata, nei suoi 18 anni di carriera in auto dei sogni, ha accompagnato dei sogni, ha realizzato dei sogni, ha esaudito dei desideri. E lo ha fatto per 3.893.294 volte.


http://www.automobilismo.it/edisport/au ... enDocument


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un riassunto? :D


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macchina della madonna...

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mi complimento con Nico x il suo interessante articolo sulla 500.


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Il cambio dell'olio ogni 10000km lo devo fare anche io sulla Honda...


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Il mito della nuova 500:
il minimo (o il massimo dipende) che ci si poteva permettere. Stop


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aggiungo 2 cose che non sono state dette sulla 500:
1)uno dei motivi x cui ebbe un buonsuccesso all'estero è che era venduta ad un prezzo molto basso rispetto ad altre auto.
2)fu venduta negli Usa in una versione che differiva da quella italiana x pochi particolari: uno di questi era la presenza di paraurti + grossi.


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E, aggiungo, i fanali più grossi e sporgenti frog eye-style.

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romani58 ha scritto:
Il mito della nuova 500:
il minimo (o il massimo dipende) che ci si poteva permettere. Stop


tu se non ci infili la frecciatina non sei contento eh? :allegria

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http://www.repubblica.it/2007/06/motori ... =mothpstr1
C'è una bella galleria di immagini....
Romani Romani, la 500 per me non è né il massimo né il minimo che mi possa permettere, eppure mi piace....


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foto del primo prototipo foto del prototipo 5 porte


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non posso aspettar l'Ateca... :mrgreen:
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Mica volevo denigrare il "mito" dico solo che è diventata un "mito" perchè era l'unica che la stragrande maggioranza degli italiani si poteva permettere (a rate) mentre sognavano la Giulietta :D

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I numeri non mentono mai, a parte quelli delle veline e dei politici.


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MessaggioInviato: mar giu 12, 2007 3:21 pm 
La cinquepiotte... ah quanti ricordi!

Fra "500" e "600", "si mise in moto l'Italia" ! :natale3


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MessaggioInviato: mar giu 12, 2007 3:49 pm 
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nick ha scritto:
La cinquepiotte... ah quanti ricordi!

Fra "500" e "600", "si mise in moto l'Italia" ! :natale3


Da noi era "mezzosacco" oppure " centoscudi"...

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Non muoio nemmeno se m'ammazzano. G.Guareschi. Lager di Bergen-Belsen, 1943.



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MessaggioInviato: mar giu 12, 2007 3:51 pm 
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romani58 ha scritto:
Mica volevo denigrare il "mito" dico solo che è diventata un "mito" perchè era l'unica che la stragrande maggioranza degli italiani si poteva permettere (a rate) mentre sognavano la Giulietta :D

Su queste premesse anche la 600 sarebbe potuta diventare un mito, invee no...

Devon, devi farci vedere la tua!


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MessaggioInviato: mar giu 12, 2007 3:54 pm 
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già vista, se non ricordo male, tramite foto al pranzo di L2D :allegria

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MessaggioInviato: mar giu 12, 2007 6:59 pm 
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significativo questo:

F) - Frigo Fiat: non c’entra nulla con l’alfabeto 500 o forse c’entra moltissimo. Il benessere degli anni 50 e 60 è fatto in Italia dall’auto e dalla motorizzazione di massa crescente ma anche dallo sviluppo degli elettrodomestici “bianchi” e cioè cucine, frigoriferi e lavatrici. Fiat, al Lingotto, produceva anche frigoriferi e lavatrici, peraltro robustissimi e ben funzionanti come ricordano quanti li hanno utilizzati o visti utilizzare. Il settore degli elettrodomestici, tra l’altro, non era marginale per l’azienda poiché in numerose relazioni del C.d.a. alle assemblee degli azionisti, si citano con orgoglio tra le “Produzioni complementari e accessorie” “gli sviluppi notevoli degli elettrodomestici che facciamo (l’azienda fa ndr.) al Lingotto”.

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aggiungo anche (F) come "forse hanno sbagliato su quale core business concentrarsi" :natale2

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