Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio, questa è una macchina
by Il Direttore 11 Dicembre 2020
Non si può descrivere la passione, la si può solo vivere.
– Enzo Ferrari –
Non è importante quanti respiri fai nel corso di una vita, ciò che è importante sono i momenti che i respiri te lo tolgono
– Will Smith in Hitch –
Chi vuol esser lieto, sia: del doman non v’è certezza.
– Lorenzo il magnifico –
Beati gli smemorati, perché avranno la meglio anche sui loro errori.
– Friedrich Nietzsche –
I bambini si girano meravigliati, i papà mi guardano compiaciuti, alcuni mi fanno il gesto del pollice. Le mamme prima si voltano spaventate poi, sedotte dal rosso e ammaliate dalla musica del 6 cilindri, si rilassano. Io, nel frattempo, guido, felice ed eccitato come un adolescente che ha appena scoperto quali meravigliose sensazioni possa riservargli il basso ventre. Sono completamente avulso dal mondo che mi circonda e dalle esperienze che hanno preceduto questa guida, sono ammaliato, sedotto, completamente e follemente innamorato da questa voluttuosa auto, moderna Giovannona Coscialunga di alluminio, acciaio e mai volgare fibra di carbonio.
Non mi sembra vero, la purezza e viscerale violenza delle sensazioni che questa macchina mi sta regalando mi stanno trasportando in un mondo che non credevo potesse esistere, mi sembra di essere dentro Need for Speed: con il manettino messo in Race, il mondo che mi circonda, vuoto e sottomesso dalle tenebre di questa calda notte di fine estate, è un gigantesco parco giochi dentro cui scorrazzare, libero di godere di una delle auto più sensazionali, vive e fiere che io abbia mai guidato. Va bene la MX-5, ma qui siamo su un altro pianeta.
Basta coi videogiochi di auto, questa è un’auto da videogioco.
Che poi, alla fine, ci tengo a specificarlo, non è una questione di potenza o di un sciocco, volgare e superficiale “quanto fa”. No, come dice Sam Witwicky a quella sandrona della Megan Fox in Transformer, nella Giulia c’è molto di più di quel che si vede. Perché ci lamentiamo delle auto moderne? Ve lo dico io, perché sono senza un’anima. Possono essere potenti quanto volete, possono accelerare da 0 a 100 nella stessa velocità con cui pronunciate la parola Volt ma, rimane un problema, sono senza cuore (e spesso devi essere un pilota professionista o un ingegnere un po’ nerd per sfruttarle per davvero). Mi piacerebbe conoscere quello che ha messo nella stessa frase le parole potenza, anima e divertimento, semplicemente per dirgli che è stato superficiale. Molte auto moderne, veloci, potentissime e acceleratissime molto spesso non ti parlano, non ti spronano, non ti inducono all’ignoranza selvaggia. Banalmente, non ti fanno tornare bambino.
Quando da grande volevi fare il pompiere, il Top Gun, essere Cole Trickle o un pilota di Formula 1, un pirata, il calciatore o guidare la ruspa. Prima delle delusioni della realtà della vita adulta. Quando ancora potevi permetterti il lusso di sognare e di fare brum brum con una macchinina rossa in mano, convinto che un giorno, da grande, ne avresti avuta una vera.
Nelle ultime due settimane non solo sono tornato bambino, sono tornato appassionato di auto. Ho avuto questa macchina parcheggiata sotto casa per oltre un mese, nel quale l’ho presa anche per andare a controllare che tempo faceva. Oh, vedo una nuvola, pioverà? Via in Giulia sgommando a guardare il cielo. Ah, il mio gatto ha fatto la pipì, Agata, qui ci vuole la sabbietta nuova, e via in Giulia a sgasare davanti all’Arca Planet, Uh, ciao Zia, scusa se sono 15 anni che non ti chiamo e non mi faccio vedere, vengo a mostrarti una cosa, e via a far piangere una vecchia parente che superati i 3.000 giri in seconda è riuscita, per la prima volta in 35 anni, a dire il mio nome al volo, senza prima metterci quello di mio fratello, i miei tre cugini e il suo gatto. Morto 15 anni fa.
Questo è la Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio, una lettera d’amore, una straziante, sbraitante, lacerante lettera d’amore agli appassionati di auto, nella quale si legge sì, non sono perfetta, ho molti difetti MA, se volete un’auto con un’anima, vera, viva, viscerale, sono qui. Se volete tornare a sorridere e godere come non avete mai fatto al volante di un’auto, sono qui. E, cercando di non contraddirmi, la Giulia non è così speciale solo perché ha 500 e rotti cavalli o perché va veramente a busso, la Giulia è così per il modo sgarbato, epico, esuberante e italiano con cui esibisce la sua scheda tecnica con fierezza. Ho provato testato moltissime auto, potete fidarvi come no, ma vi garantisco che non c’è Audi o BMW (forse è l’unica) o AMG che tenga, questa è su un altro livello, non numerico ma emozionale. Uscite dai numeri e dalle cifre e ritornate all’essenziale, ritornate alle sensazioni e alle emozioni, smettete di ragionare con il cervello e date spazio al cuore, finitela di essere adulti viziati e tornate bambini, solo così potrete capire la Giulia e il suo essere così speciale.
Ci tengo a insistere su questo punto perché ogni volta che si parla di questa macchina, con persone di tutte le estrazioni professionali e sociali, salta su quello che dice “eh ma è poco tecnologica” “eh ma gli adas” “eh ma la qualità Audi” “eh ma qui, eh ma la”.
Io vi prego, BASTA.
Credo che il più grande errore della moderna industria automobilistica italiana (e non) sia stato il voler a tutti i costi inseguire i tedeschi e il loro modo di intendere le auto: invece di proporre qualcosa di nuovo e diverso (come, a modo loro, fanno i francesi o i giappo), i managers italiani (con la S da leggere come fosse quasi una Z, per meglio calarsi nella parte) hanno voluto a tutti i costi scimmiottare un modo di pensare e fare le auto che semplicemente non ci appartiene. Ci siamo ridotti a copiare male e, per forza di cose, a essere in costante ritardo. Mentre usciva la Giulia, a livello di dotazioni questa era pari ad una BMW di due/tre anni prima.
E allora io dico una cosa:
Volete una macchina tedesca? Comprate una macchina tedesca.
Volete la perfezione teutonica? Gli Audi Zentrum vi aspettano per spennarvi.
Ma se, invece di un sushino al ristorantino chic preferite le tagliatelle al Ragù della nonna, ecco allora inizierete a capire cosa sto cercando di dire. Perché, proprio come il ragù della nonna, magari unto e pesante e che quando finite di mangiare vi dovete cambiare la maglietta, la Giulia non è perfetta, non è la migliore ma, senza ombra di dubbio, è tanto italiana quanto una tigella con la mortadella, quanto un bicchiere da osteria pieno di Barbera, quanto quattro vecchietti che si smadonnano dietro mentre giocano a Briscola al Bar Sport, quanto un piatto di tortellini in brodo. Questa non è un’auto alla moda, questa è un’auto da intenditori, e questo dovrebbe bastarvi. Non è un’Audi, ed il suo bello è proprio questo. La Giulia è sì un’auto per molti, ma sicuramente non per tutti.
– eh ma la qualità tedes… –
Sono bastati pochi metri al volante della Giulia Quadrifoglio per perdere irrimediabilmente la testa per lei, per le sue caratteristiche e per i suoi difetti che la rendono reale, vera e più vicina ad un essere umano che ad una macchina; la Giulia è fallibile ma proprio per questo viva. Sì perché la Giulia è tangibile sotto di te, ti prende per mano e ti sussurra nell’orecchio “ehi, ora andiamo a divertirci”, la tua mano scivola sul tunnel centrale e, con un gesto automatico, fa scattare il manettino da d – come dynamic o divertiti, ma non troppo – a Race. In quel momento l’auto intera viene percorsa da un fremito, la Giulia si tende, pronta e scattante: l’acceleratore diventa molto più immediato, lo scarico Akrapovič si apre concedendo al grosso V6 di sbraitare tutto il suo glorioso rauco latrato e lo sterzo – uno dei migliori sterzi elettrici del mondo, forse il migliore – diventa netto, reattivo, non molto comunicativo ma preciso all’inverosimile. E poi il cambio, oddio quel cambio, mi piacerebbe sapere quale azienda lo produce, è forse la Beretta*? Ogni cambiata è una fucilata, un’immediata, secca, sonora pacca sparata nelle viscere di chi guida e chi ascolta, prima meravigliato, poi attonito.
In modalità race la Giulia passa dall’essere una veloce e pesantuccia berlina vitaminizzata ad una sportiva eccezionale: come veltri ch’uscisser di catena, i cavalli del suo V6 vengono sbrigliati, la macchina si libera e, leggera e agitata come un’anguilla immersa in una tinozza di caffè, diventa pronta per fare quello per cui è stata progettata: farti innamorare perdutamente di lei.
Vi siete appena conosciuti al bancone del bar, entrambi un po’ brilli ma abbastanza lucidi da aver fatto scoccare un letale colpo di fulmine; ora, dopo aver preso la ruzzola, vi trascinate in giro per la città, fermandovi a ogni portone o portico isolato a limonare duro, trepidanti e vibranti in attesa di quando arriverete a casa. L’aria vibra attorno a voi, siete un agglomerato di passionalità. Quando liberata dalle sue briglie elettroniche, la Giulia si trasforma in una pazza ubriaca che ti trascina in giro per la città a fare follie: lasciamo stare la prestazione pura, i numeri e le robe da nerd, parliamo di sensazioni e di emozioni. Emozioni, tante troppe: ad ogni diverso grado di flessione del gas corrisponde un sound diverso dallo scarico, affondando il pedale il motore esplode lanciando l’auto in avanti senza la minima esitazione, ogni cambio di marcia è solo una rapida fucilata nel costante flusso di potenza che proietta l’auto attraverso lo spazio, formoso globulo rosso metallico che dal vostro cuore corre verso il cervello, passando dal petto facendovi ansimare, risalendo il collo facendovi sorridere e infine arrivano in testa, lasciandovi inebetiti. Un flusso di potenza accompagnato da un rumore che ricorderò per sempre, ora soffocato, ora rauco, ora glorioso. Per non parlare del rilascio, quel BRRRRUOOOOOO che da dietro la macchina ti arriva come un coppino quando sollevi il piede dal gas è da onanismo selvaggio, al limite del “salve, telefonavo per quel cucciolo di Labrador”. E poi possono venirmi a dire quel che vogliono sulle auto elettriche e la loro apparente capacità di fare chissà quali miracoli, l’erogazione di un vecchio, sporco, maledettamente assetato motore a combustione interna (specialmente se costruito dalle parti di Modena) rimane ineguagliabile. È proprio il fatto che la curva di coppia sia una curva il suo bello.
Tutto sulla Giulia è epico: dal semplice salire in auto, difficile per la portiera piccola che ogni volta ti incastri, all’enorme calore che si sviluppa al suo interno, vanamente tenuto a bada da un condizionatore che funziona così così. Però poi basta fare quello che si deve fare con un’auto per dimenticarsi di tutto: accendila (io sul pulsante avrei preferito un “accensione motore, al posto di “engine on”, e dai!) e sfiora il gas, sentila come freme sotto di te, come smania dalla voglia di gridare e di far fumare quelle gomme. Tira due marce, lanciati in curva, torna sul gas alla corda e percepisci il differenziale che scarica la potenza a terra generando quintali di grip e di trazione, allunga due dita pelando il limitatore e caccia dentro un’altra marcia, inebria l’ambiente circostante con le fucilate dagli scarichi e fregatene di quello che la gente scrive sui social, per lo più è invidia e la passione la storia la cultura i bambini che si girano il vecchietto che ti saluta sono cose che non si misurano solo sullo 0-100.
Non sono mai stato un amante delle Alfa Romeo. Nella mia vita non ho mai avuto Alfa Romeo e quindi non ho mai ben capito cosa si celasse dietro alla smania collettiva nei confronti di un marchio al quale, mea culpa, non ho mai dato la giusta importanza, complice forse lo stereotipo dell’alfista medio e il fatto che sono cresciuto nell’epoca nella quale la Grande Alfa Romeo già non esisteva più, fagocitata dalla Fiat e dalla mediocrità di quegli anni. Poi però sono cresciuto e, come disse una volta qualcuno, solo gli stupidi non cambiano mai idea: ho quindi iniziato ad informarmi e a studiare capendo che, dietro a queste due semplici parole, Alfa Romeo, si nasconde molto di più, si nasconde la storia dell’industria automobilistica, tanto italiana quanto globale, si nasconde la passione, il cuore, il sangue, il genio e la maestria di un manipolo di uomini che ha costruito auto che il mondo intero ci invidia. Auto vive, vere, pure, sanguigne, fragili e piene di difetti ma con l’innata capacità di farseli perdonare non appena la strada si arrotola un po’ su sé stessa. Auto da guidare, da vivere e da mostrare, con orgoglio non con vanità, per passione non per moda, con gusto non per egocentrismo.
Non sono mai stato un amante delle Alfa Romeo. Poi ho incontrato la Giulia Quadrifoglio e non riesco a farne più a meno.
Non riesco più a fare a meno del suo motore e della sua voce, non posso stare senza il suo colore, mi sento nudo fuori da quella carrozzeria, tanto massiccia all’esterno quanto un tenero bozzolo una volta nel sedile di guida, non posso fare a meno delle sue cinture rosse. Mi manca il suo essere viva, vera, pura, spavalda, sgraziata, sgarbata, il suo essere messa a punto solo per divertire, mettendoti nelle condizioni – forse in maniera un po’ troppo facile e digitale – di far l’asino fin da subito, con il concreto rischio di far danni, seri e costosi. Ma lei è così, un regalo a chiunque la sappia capire e apprezzare.
Doveva essere l’Alfa del rilancio, ma a dover essere rilanciata è la passione per questi mezzi.
Viviamo oggi, viviamo per noi. Carpe Diem (Trota Gnam).
* lo so che è la ZF, si chiama sarcasmo.
** per tutti quelli che “eh ma l’infotainment blabla”, dico solo una cosa: la Giulia Quadrifoglio è l’infotainment di se stessa. Se questo non dovesse bastarvi, semplicemente non vi interessa Guidare.
*** con questa macchina avevamo fatto un cortometraggio fighissimo… che i videomaker non sono mai riusciti a montare e a quanto pare non lo faranno mai, alcune delle foto dell’articolo sono prese proprio da lì.
****con le foto abbiamo fatto un casino, molte sono mie, altre del nostro Rodrigo Davalli, altre ancora del mio amico Denis Civita… a questo dobbiamo aggiungere l’aiutino di Umberto Beia in postproduzione. Grazie a tutti, anche ad Autotrasporti Fratelli Pedretti per averci dato lo spazio del loro Capannone.
E ora: THE PAGELLA.
Estetica: secondo me il restyling 2020 ha fatto un gran bene alla Giulia. L’auto è rimasta se stessa ma è migliorata dove serviva e i nuovi colori mi fanno letteralmente impazzire. Di questo rosso, con i dettagli in fibra di carbonio, i cerchi neri e il piccolo alettoncino sul baule, la Giulia è un ferro atomico, cattiva come poche. Ti giri a guardarla dopo che l’hai parcheggiata? Sì, per risalire e ricominciare a sgommare.
Piacere di guida: semplicemente a badilate, banalmente, il piacere di guida è qui. Che stiate entrando in garage o che siate lungo il Passo Fedaia, la Giulia Quadrifoglio è viscerale, intima e fonte inesauribile di goduria. Il volante è uno dei migliori abbia mai impugnato, il cambio è cattivo e veloce, le cambiate sono delle fucilate. La faccio breve: prenderete la Giulia non solo per il gusto di guidare ma troverete le scuse più becere per uscire in auto.
Vita quotidiana: grazie alla sua doppia faccia provo a sembrare normale/sono una pazza scatenata, la Giulia Quadrifoglio va bene anche per andare a fare la spesa o per portare la bestia dal veterinario. Un consiglio però, usate il baule con parsimonia: da un lato potreste sciogliere i surgelati, dall’altro potreste cuocere un innocuo gattino. Comunque, nelle modalità normali, la Giulia si lascia condurre tranquillamente e sorniona… modalità che però non ho mai testato, la tentazione di vivere in Race Mode è stata sempre troppa. Ah, la gente per strada vi guarderà, farà domande, vi indicherà e vi noterà. Papà, mamme e bambini. Infine fate attenzione che davanti è molto bassa e si gratta sui marciapiedi o sulle rampe con molta facilità.
Street credibility: tanta. Come detto sopra la Giulia Quadrifoglio – specialmente di questo colore – non è l’auto più indicata per passare inosservati, mai come con la Giulia sono stato fermato per strada, ogni due incroci qualcuno abbassava il finestrino per farmi i complimenti. È una macchina che smuove il sentimento nazional popolare, ovunque mi fermassi mi ritrovavo attorno un capannello di gente, ricordatevi però di usare un po’ di usta nell’aprire il cofano, la leva è MOLTO fragile.
Fattore groupie: il risultato del primo appuntamento dipenderà da voi e dalla vostra capacità di resistere a mettere il manettino in “Race”. Nelle modalità normali la Giulia infatti vi permetterà di scivolare nel traffico con tranquillità e silenzio, dandovi anche l’opportunità di chiacchierare amabilmente. All’opposto, in modalità “race”, rischierete di spaventare a morte la ragazza accanto a voi, la macchina è troppo reattiva e vogliosa di fare casino che voi non potrete far altro che darle ragione, compromettendo così la vostra credibilità di futuro padre e uomo su cui fare affidamento. Discorso diverso se la ragazza invece è già con voi da tempo, in tal caso troverà nella Giulia e nel suo essere sgarbata e sempre pronta ad andare di traverso una divertente fonte di emozioni.
Fattore Nerd: ADAS, infotainment e connessioni varie ci sono ma, specialmente rispetto alla concorrenza tedesca, sono un po’ demodè: questo significa che funzionano abbastanza bene senza però distrarvi alla guida. Mentre infatti una dilagante allergia ai tasti fisici sta contagiando il mondo dell’auto, sulla Giulia è rimasto il “pomellone” da cui comandare tutto senza troppe distrazioni. Poi i comandi del clima sono rimasti fisici: grazie Alfa Romeo.
Economia d’uso: consumi, gomme, bollo e cose simili. Diventerete i migliori amici del benzinaio o no? Sì, quasi amici intimi. Guidandola normale consuma anche poco (siamo sui 10-12 km al litro), dandogli gas diventa un pozzo senza fondo. Il problema è che dandogli gas diventa così bella e divertente che sarà difficile resistere. Ah, attenzione, in Italia siamo governati da un gruppo di matti, e questa macchina vi costerà 1.323 € all’anno di bollo (a Bologna) a cui aggiungerne 3.819 (sì, tremilaeottocento) di superbollo. All’anno.
Oh, quanto fa?: La domanda che tutti vi faranno. Fategli fare un giro e vedete come reagiscono. Mia madre si è messa a piangere dopo 600 metri, ho fatto in tempo a pestare in seconda, appena il motore è entrato in coppia ha iniziato a urlare come una sirena, figuratevi se riuscivo a farle sentire la terza, che è lì che la macchina allunga e inizia a far vedere cosa vuol dire andare forte. Peccato mamma.
Rolling Steel Approved: Credo che la Giulia Quadrifoglio sia pienamente capace di soddisfare il tipico lettore di Rollingsteel. Perché, oltre ai numeri, qui ci sono anche le sensazioni, tante sensazioni. Se non vi piace questa, non so proprio cosa possa piacervi.
MI MANCHI.
https://rollingsteel.it/auto/alfa-romeo ... 92uAb1_UF0