Chevrolet "Sequel"
Pochi giorni prima della notizia della causa intentata dallo Stato della California nei confronti delle maggiori case automobilistiche (accusate di deteriorare l'ambiente con le emissioni di anidride carbonica dai motori) eravamo proprio là per guidare un prototipo della General Motors, la Chevrolet "Sequel", che di CO2 non ne emette neanche un po'.
I suoi tre motori elettrici sono alimentati dalla corrente generata dalle fuel cell, che per funzionare necessitano di aria e idrogeno. Allo scarico di queste pile a combustione esce soltanto vapore acqueo e nessun inquinante; a livello di inquinamento globale, però, occorre considerare come viene prodotto l'idrogeno: la soluzione ideale sarebbe quella di utilizzare energie e materie rinnovabili.
La guida della "Sequel", presentata come prototipo all'ultimo Salone di Detroit, evento già eccezionale in sé, è stata resa unica dalla possibilità di provare la vettura sulle strade interne di Camp Pendleton, enorme campo d'addestramento dei Marines a metà strada tra Los Angeles e San Diego, base che ospita ben 35.000 persone e che è normalmente off limits.
Sicuramente il fatto che Bob Lutz, numero due della GM, sia stato pilota di caccia nel corpo dei Marines dal 1954 al 1965 ha aiutato ad aprire i cancelli della base. Una curiosità: Camp Pendleton occupa 28 km di costa e gli abitanti della California vedono con favore la permanenza della base, perché questa è l'unica porzione di costa rimasta intatta, non invasa da ville superlussuose fronte Oceano Pacifico.
La Chevrolet "Sequel" ha una stazza paragonabile a quella di un'Audi "Q7" (il bello, anzi il brutto, è che per gli standard statunitensi è una "mid size", ossia il tipico veicolo da famiglia di taglia media): è lunga 5 metri, larga 2 e pesante ben più di 2 tonnellate; nonostante questi handicap, si comporta sorprendentemente bene.
Il classico "0-100" richiede circa 10 secondi e la velocità massima è di 145 km/h; la coppia motrice erogata dai due motori elettrici a magneti permanenti collocati all'interno delle ruote posteriori fornisce uno spunto sorprendente alle basse velocità e un'immediata risposta ai comandi dell'acceleratore.
Da notare che, per ovviare alla relativa lentezza di risposta delle fuel cell, la "Sequel" le abbina a un pacco di batterie litio-ioni che hanno il compito di erogare (o assorbire, nelle frenate) potenze elettriche elevatissime. Inutile dire che le batterie litio-ioni sono sì molto potenti, ma hanno una scarsa capacità energetica, che si traduce in pochissima autonomia di marcia elettrica.
Ognuno dei due motori eroga 25 kW; il motore elettrico anteriore, invece, è un asincrono trifase che raggiunge i 15.000 giri e sviluppa sino a 65 kW. L'autonomia dichiarata è di 480 km che, in condizioni di guida "europee", potrebbero scendere a 300, nonostante i tre voluminosi bomboloni (ecco spiegato perché la "Sequel" sia lunga 5 metri) che immagazzinano l'idrogeno gassoso a 700 bar di pressione.
Si tratta di bombole molto costose perché realizzate interamente con fibre di carbonio e, nonostante questo, molto pesanti, in quanto le pareti hanno uno spessore di oltre 5 cm. Proprio vicino a Los Angeles, nei laboratori di ricerca Hrl (fondati dal geniale miliardario Howard Hughes, protagonista del film "Aviator"), oggi di proprietà della General Motors e della Boeing, si sta però sviluppando una tecnologia completamente nuova e molto promettente per stivare l'idrogeno a bordo delle vetture. Ne parleremo presto sui prossimi fascicoli di "Quattroruote".
http://www.quattroruote.it/news/articol ... dice=60812
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