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MessaggioInviato: dom apr 07, 2019 5:45 pm 
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Immaginavo prima o poi una operazione accattonaggio.... Di fca verso tesla:-)

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MessaggioInviato: dom apr 07, 2019 9:33 pm 
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mjazz ha scritto:
Succederà che le multe verranno in tutto o in parte spalmate sui listini, e che le auto costeranno un pò di più. Qualcuno dovrà tirarli fuori sti soldi...
Esattamente, e alcune ipotesi di listini che ho avuto modo di sentire fanno tremare i polsi. Se confermate, il downsizing figlio della crisi assurgerà a ricordo di un periodo di vacche grasse.


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MessaggioInviato: dom apr 07, 2019 9:58 pm 
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Si parla di cancellare il segmento A tout court, nessuno pagherebbe per una Up base 15.000 euro.
Ma le case non si ribellano all’ Europa?


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MessaggioInviato: dom apr 07, 2019 10:11 pm 
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Penso aspettino maggio anche loro, per capire come muoversi.


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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 7:24 am 
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mauro65 ha scritto:
mjazz ha scritto:
Succederà che le multe verranno in tutto o in parte spalmate sui listini, e che le auto costeranno un pò di più. Qualcuno dovrà tirarli fuori sti soldi...
Esattamente, e alcune ipotesi di listini che ho avuto modo di sentire fanno tremare i polsi. Se confermate, il downsizing figlio della crisi assurgerà a ricordo di un periodo di vacche grasse.

Del tipo?
A quanto passerebbe una Golf che oggi vien via a 20000€ su strada? E un X3 2.0d?


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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 8:15 am 
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daimlerchrysler ha scritto:
Ma le case non si ribellano all’ Europa?


Le case abbandonano l'Europa.. Ford sta fuggendo, GM è fuggita, FCA fa un modello ogni 5 anni per l'EU..
Restano RNM, PSA, VW (e ancora, la UP è fuori da 8 anni praticamente immutata, le altre sono tra il generalista e il premium, quindi non contano) e le premium (che non contano, tanto aggiungere 1000€ al listino di una 3er non cambia un granché)

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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 8:23 am 
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daimlerchrysler ha scritto:
Ma le case non si ribellano all’Europa?

La storia del NEDC e del WLTP lascerebbe pensare che l'abbiano comandata a bacchetta fino a l'altro ieri.


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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 8:52 am 
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Sul ciclo NEDC perfettamente d'accordo, sul WLTP no perché è stato anticipato di un anno, di qui il caos totale. Il gruppo Vw è stato quello più spernacchiato ma tutti sono stati colpiti. I danni economici (oltre che per la clientela) sono stati molto importanti. Dall'Europa molti stanno fuggendo, però fare soldi (e neanche pochissimi) è possibile. Non parlo solo della triade trimurti ma anche di PSA, Skoda, Toyota, Vw, le varie divisioni di veicoli commerciali, etc...
Dal punto di vista strategico Europa e Cina stanno convergendo sull'elettrico mentre gli USA continuano a insistere sulle grandi cubature a benzina. Tutto ciò potrebbe cambiare se il puzzone di Washington verrà travolto dai democratici. Le proposte del new green deal sono abbastanza radicali.


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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 12:04 pm 
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Un suv non ibridizzato e ben inteso turbodiesel andrebbe a pagare 5-10 mila euro di sforamento, se a benzina anche il doppio: l’idea è di spalmare le sanzioni su tutta la gamma, per cui è lecito attendersi aumenti medi del 10-20% in proporzione percentuale inversa sul prezzo. Per rendere l’idea, un Tiguan 2.0Tdi 4Motion o la S Cross che valutavi per il tuo vecio stanno a circa 5.500 euro di sanzione.

In ogni caso l’adeguamento sostanziale dei prezzo è già iniziato, se ci fai caso.


Ultima modifica di mauro65 il lun apr 08, 2019 1:36 pm, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 12:16 pm 
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mauro65 ha scritto:
Un suv non ibridizzato e ben inteso turbodiesel andrebbe a pagare 5-10 mila euro di sforamento, se a benzina anche il doppio: l’idea è di spalmare le sanzioni su tutta la gamma, per cui è lecito attendersi aumenti medi del 10-20% in proporzione percentuale inversa sul prezzo. Per rendere l’idea, un Tiguan 2.0Tdi 4Motion o la S Cross che valutavi per il tuo vecio stanno a circa 5.500 euro di sanzione.

In ogni caso l’adegua sostanziale dei prezzo è già iniziato, se ci fai caso.

Meeeeerdaaa :shock: :shock: :shock:


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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 12:56 pm 
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Praticamente alla fine i poveri paghernanno le multe dei ricchi... :?

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MessaggioInviato: lun apr 08, 2019 4:01 pm 
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Automakers could be hit with billions of euros in fines for missing the European Union’s fleet CO2 emissions target that starts to take effect next year. That is the conclusion of analysts after CO2 rose to its highest level since 2014.

The estimated total penalty payment is 34 billion euros, according to a report this month from JATO Dynamics, which based its figure on CO2 data from last year. Volkswagen Group and PSA Group, the two largest automakers by volume in Europe, could face the loss of up to half of their combined net profits, JATO said.

The fine is 95 euros per gram of CO2 over the limit, multiplied by the number of cars sold in 2020 and 2021, although 5 percent of the highest-emissions vehicles will not be counted in 2020. The fleet CO2 target is 95 grams per kilometer.

JATO said in March that overall 2018 CO2 emissions in the 23 European markets it analyzed were 120.5g/km, compared with 118.1g/km in 2017. (The European Environmental Agency’s final 2017 figure is 118.5g/km.)

Analysts attribute that increase to multiple factors. They include the growing popularity of SUVs, which tend to be heavier and less aerodynamic -- and thus less fuel efficient -- than their sedan equivalents; bans on older diesels in some European cities; and the continuing fallout from the Volkswagen Group’s emissions-cheating scandal. The bans and the VW scandal have weakened confidence in diesels, causing consumers to switch to gasoline engines, which are less efficient.

“Companies are going to have to speed up to meet the targets,” said Michael Schweikl, an automotive expert at PA Consulting in Germany and an author of the company’s annual report on automakers’ progress toward emissions targets. “I think they underestimated the effort of changing from internal combustion engines to other alternatives,” he added. “The market is pulling in one direction and they underestimated how long it will take to steer it in a new direction” toward zero- and low-emissions vehicles.

Targets set by fleet weight

Although the EU has mandated a 2021 fleet average of 95g/km of CO2, each automaker has a different target based on the average mass of its vehicles. Fiat Chrysler’s 2021 target is 91.8g/km, for example, the lowest of all automakers, because it sells a high percentage of small cars, while Daimler’s target is 102.8g/km.

The investment bank UBS suggested in a report this month that this “limit value” has made it less likely automakers will use “lightweighting” technology to lower emissions.

Fleet weight may be a factor in whether Ford achieves its 2021 target, Schweikl said. The automaker has recently announced a strategy to reduce the number of cars in its lineup in favor of SUVs. That could make it even harder for Ford to lower emissions -- but at the same time, a heavier average fleet weight would raise their target emissions figure, Schweikl said. He added that Ford’s decision to change it strategy one and half years before the deadline means “it will be a really big job to do it successfully.”

Profits likely to take a hit

UBS said this month that while it expects all automakers except Fiat Chrysler to meet their targets, the cost of compliance -- through new technologies such as plug-in hybrids -- will dent combined profits by up to 7.4 billion euros. That could mean a 25 percent hit on earnings per share at PSA and 20 percent at Fiat Chrysler, UBS said.

About 75 percent of those costs will be borne by automakers, UBS said, with buyers asked to shoulder the rest through higher prices.

“Under normal circumstances, companies and consumers would share the burden,” Schweikl said, “but in the last two or three years, automakers have lost the trust of consumers” because of the VW cheating scandal and other factors, and it will be more difficult to pass along price increases, he added.

A report in the Financial Times this weekend, however, suggests that Fiat Chrysler Automobiles may try to close the gap by entering an “open pool” emissions arrangement with Tesla. By doing so, Fiat Chrysler can offset CO2 emissions from its cars against Tesla’s sales of its full-electric vehicles, lowering FCA’s average figure to a permissible level. Another pool includes Toyota and Mazda.

Dave Leggett, who is automotive editor at analytics company GlobalData, said in a note Monday: "As the time horizon to 95g/km shortens, other companies are sure to consider pooling as a strategy for avoiding large fines. The sum FCA may be paying Tesla for the pooling privilege has not been disclosed. It is not surprising that zero-emissions Tesla is alert to the revenue raising pooling opportunity emerging in Europe. It has also made money trading zero-emission credits in the US in the past."

In 2018, Fiat brand’s CO2 emissions were 119.2g/km, according to JATO, therefore analyst firm Evercore ISI calculates that the brand would need to reduce emissions to less than 89g/km to comply with the targets. Assuming the 30g/km gap and applying the 95 euro fine for noncompliance, the potential fine at current levels would be roughly 3 billion euros, Evercore ISI estimates.

Many automakers have also elected to create closed pools of their own brands.

PA Consulting is less optimistic than UBS that the 2021 targets will be reached. Under the most optimistic forecast, Ford and FCA will miss targets, while VW Group and PSA will be right at the limit, PA Consulting said. Under a more conservative scenario, the only carmakers that will be under their targets are hybrid-heavy Toyota, Volvo and the Renault-Nissan-Mitsubishi alliance.

VW Group is in danger of having to pay emissions fines despite having just announced it would invest 19 billion euros in electric vehicles from 2019 to 2023, Schweikl said. “They waited one or two years too long to develop their products,” he said. “Can they absorb a fine of, say, 1.X billion euros? Yes, they can, but the problem is not the money, it’s more their reputation if they miss a known target.”

More EVs and PHEVs are coming

Analysts said that although the emissions situation may look grim for many automakers based on 2017 sales and provisional 2018 figures, the market will start to look very different toward the end of this year as more electric vehicles and plug-in hybrids become available. Big players such as VW Group, PSA and Daimler have not yet started selling mass-market electric vehicles.

“Key CO2-saving models need to be on the market already from the beginning of 2020,” UBS said, noting that, on average, automakers still need to reduce emissions by 19 percent, or 23g/km.

Top executives say they are confident that they can reach their emissions goals, even if the figures show that many automakers have taken a step backward.

“Paying any sanction or any fees is just not an option,” Renault CEO Thierry Bollore said at the Geneva auto show last month. “And we have designed our strategy as such.”

Riguardo le multe per le emissioni CO2 secondo questo articolo tutti sono a rischio, persino PSA (a causa di Opel soprattutto).


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MessaggioInviato: mar apr 09, 2019 11:42 pm 
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https://www.jato.com/2021-co2-targets-w ... in-europe/
2500€ di multa a veicolo per il gruppo VW, secondo le attuali stime. E' realistico pensare che questa cifra verrà rimodulata con i listini, per cui una Up subirà un aggravio di costo inferiore rispetto ad un Q5, il che conferma sommariamente quanto anticipato dal triestino...
E' stupefacente notare come neanche Toyota riesca a star sotto il target di 95g/km nonostante la tipologia e quantità di ibridi che vende... per gli altri sarà veramente dura.


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MessaggioInviato: mer apr 10, 2019 8:31 am 
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É un modo orribilmente stupido di gestire la faccenda.

Non sarebbe stato sufficiente tassare all'acquisto ogni g/km in più oltre i 95 ?
Il risultato sarebbe lo stesso, ma per lo meno tassi il Cayenne (che tanto comunque è già overpriced ed essendo premium chissenefotte del prezzo) e lasci stare la carriola che fa 95 g/km?

Così invece fanno i robin-hood a rovescio. Rubano (la co2) ai poveri per darla ai ricchi.

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MessaggioInviato: mer apr 10, 2019 8:36 am 
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Certo che va bene ridurre l'inquinamento e le emissioni (anche se il resto del mondo se ne frega), ma penalizzare così pesantemente un'intera economia (quella europea) mi pare controproducente.
Negli USA c'è lo svitato che impone dazi, richiama i produttori a costruire in loco, etc etc.. di qui, i governi che colpiscono le auto che produciamo. Da un eccesso all'altro.

Senza contare che poi i singoli governi non sembrano avere un gran filo logico: nel giro di 10 anni siamo passati dal comprare il diesel anche per fare 5mila km all'anno, al fatto che ora dovrebbe comprarsi un'elettrica anche il rappresentante da 80mila km/anno.
Uno quando si compra la macchina si fa due conti e si lascia un po' di margine, ma non è che si può sempre cambiare il cavallo in corsa perché le amministrazioni, sulla base di non si sa cosa, decidono di colpo che quello che fino a ieri andava bene oggi non può più circolare...

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MessaggioInviato: mer apr 10, 2019 8:43 am 
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Tra l'altro l'ecotassa:-) italiana agevola i diesel:-) :-)

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MessaggioInviato: ven apr 12, 2019 12:59 pm 
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Meglio fare in fretta. Le cifre lo dicono chiaramente: il 2019 è l’anno delle scelte per gli Agnelli-Elkann, azionisti di Fca oggi protagonisti al trittico di assemblee (nell’ordine Cnh Industrial, Fca e Ferrari) oggi in scena ad Amsterdam. E, anche, l’anno in cui approfittare – per chi è interessato a una operazione con Fca – della geometria asimmetrica e della architettura squilibrata interna al gruppo, che ormai non sono più sostenibili.

Questo vale per tutti: Peugeot (i primi a venire allo scoperto, i più vicini per familiarità dinastica), Renault-Nissan (l'azzardo maggiore, nel conflitto fra componente francese e giapponese, ormai una spy story fra finanza e manette), Hyundai (i più convergenti, forse, in termini industriali), una ipotetica carta nascosta tedesca, un possibile ritorno di fiamma cinese (Geely, ma non solo, soprattutto adesso che l’Italia si è allontanata dall’Atlantismo, scegliendo con l’attuale governo la Via della Seta).


PER SAPERNE DI PIÙ / Psa vuole Jaguar Land Rover. E il ceo Tavares conferma


SAREBBE IL QUARTO AL MONDO 19 marzo 2019
Alleanza Fca-Psa? Nascerebbe un colosso globale da 9 milioni di auto
In ogni caso, scelte obbligate per gli azionisti di Fca e opportunità da cogliere per le altre case automobilistiche attive nella riconfigurazione dell’industria dell’auto, perché la condizione attuale di tre distinte imprese di fatto (Nord America, Europa e Sud America) in un unico gruppo formale potrebbe, alla lunga, diventare insostenibile sotto il profilo industriale e della finanza di impresa. Soprattutto se l’oro del Nord America – con il rallentamento del mercato statunitense - dovesse perdere qualche carato. E perché proprio la disomogeneità – una unica entità societaria, tre differenti meccanismi industriali e finanziari – significa anche “spacchettabilità” e, dunque, rappresenta una leva per chi vuole comprare – chiunque egli sia – e per chi vuole vendere, o comunque ridurre la propria esposizione sull’industria dell’auto.

PER SAPERNE DI PIÙ / Manley: «Investimenti confermati in Italia e aperti a nuove alleanze»

IL FATTURATO FCA PER AREE GEOGRAFICHE
Dati in milioni di euro

La riclassificazione dei dati di bilancio da parte di R&S Mediobanca mostra, anche per il 2018, la totale – e ancora crescente - asimmetria fra Nord America ed Europa. Negli Stati Uniti, in Canada e in Messico nel 2018 i ricavi sono ammontati a 72,3 miliardi di euro: il 65,6% del totale; nel 2013, erano il 54% del totale. I margini industriali sono alla base – in un settore ad alto impiego di capitali – della sostenibilità di ogni edificio imprenditoriale. E i soldi si fanno qui. L’Ebit è stato, nel 2018, di 6,23 miliardi di euro, tutto ottenuto con Jeep e Ram: qualcosa come il 92,5% del totale (nel 2017, era il 62,5%).


L’INDISCREZIONE 22 marzo 2019
Wsj: Peugeot ha contattato Fca per nozze ma ha ricevuto un «no»
Inevitabilmente ogni dinamica interna agli Stati Uniti ha un impatto sistemico su Fca. A febbraio di quest’anno Fca Us ha venduto il 2% in meno rispetto allo stesso mese del 2018. Un rallentamento protratto ai mesi successivi del mercato dell’auto americano potrebbe avere conseguenze serie. Il Nord America è sexy per tutti: comprare Fca o fare una fusione da una posizione di forza significa entrare sul più ricco mercato del mondo. Si comprano quote di mercato, tecnologie, fabbriche, relazioni sociali e dunque sindacali e dunque politiche. I tedeschi si sono schiantati sull’America almeno due volte: con l’acquisizione di Chrysler da parte di Daimler nel 1998 e, nel 2015, con il Dieselgate. I cinesi sono i nuovi concorrenti per l’egemonia globale degli Stati Uniti. GM è impegnata a riperimetrare le sue attività nazionali e Ford a gestire l’alleanza commerciale con Volkswagen. Ma la transizione tecnologica sta cambiando il paradigma e la rimodulazione è violenta. E Trump usa le guerre commerciali per fare politica internazionale e usa l’industria per fare politica interna. Lo fa con un dirigismo pragmatico e sorprendente. Molte cose possono succedere. Fca – anzi, Jeep e Ram - sono elementi del puzzle che si va componendo giorno dopo giorno.

L’America Latina va male. Nel 2018 il fatturato è valso 8,1 miliardi di euro (il 7,4% del totale, contro l’11,8% di cinque anni prima). Il margine industriale è stato, l’anno scorso, di 406 milioni di euro (il 6%, a fronte del 9,1% di sei anni fa). Il Brasile ha evitato, per tutti gli anni ’90 e nei primi anni Duemila, che la vecchia Fiat fallisse. Ora è un problema. E non è nemmeno particolarmente appetibile.

AUTO ELETTRICA / Perché il riciclo delle batterie è il grande problema

L’Europa, nonostante tutto, conserva una sua valenza strategica. Il fatturato Emea – nel 2018 22,8 miliardi di euro (deconsolidata Magneti Marelli, in via di cessione) – equivale al 20,7 per cento del totale. L’Europa non riesce a staccarsi da una quota pari a un quinto dell’aggregato Fca. L’Ebit è di 406 milioni di euro (soltanto il 6% del totale). Sei anni fa, nel 2013, l’Emea pesava per il 20,5% dei ricavi e per il 9,1% del margine industriale.

In Europa non perde soldi Peugeot, che ha avvicinato prodotti e fabbriche allo standard tedesco, mantenendo costi e prezzi più bassi. L’Europa è interessante per i cinesi, che stanno usando la manifattura e i servizi per mutare la geopolitica, e per i coreani, con Hyundai che ha la forza finanziaria, tecnologica e organizzativa per fare in generale un salto di scala dimensionale e per provare in particolare a rendere di nuovo l’Europa e l’Italia – nonostante i sacrifici necessari, perché gli impianti del nostro Paese sono troppi e troppo sottoutilizzati - una base produttiva efficiente (cosa che già è) e profittevole (cosa che non è).

Fca fa i bilanci (esclusivamente) con gli Stati Uniti e li disfa (soprattutto) con l’Europa. Negli Stati Uniti le cose possono (anche) peggiorare e in Europa non possono (troppo) migliorare. Il tempo scorre. C’è tutto il 2019 per fare qualcosa per gli Agnelli-Elkann, da anni ultra desiderosi di ridurre drasticamente la loro posizione sull’auto. E c'è tutto il 2019 – per gli altri – per cogliere l’occasione e per muovere su Fca.

Articolo quantomeno sconclusionato del sole24ore su FCA. Secondo il giornalista ora è il momento adatto per cedere il controllo di FCA. L’azienda Italo-americana ha perso quasi il 30% rispetto al secondo trimestre 2018. Si punta il dito sull’ enorme disparità tra i profitti del Nord America e le magre prospettive di Europa ed America Latina. Non è affatto una novità, lo sanno anche i ciechi che FCA sopravvive grazie al Nord America. Sorprendentemente riesce a raggiungere margini appena al di sotto di quelli di Gm investendo molto di meno. In Europa per provare (avendo pochissime chance di successo) a rilanciarsi dovrebbero investire una marea di soldi, soprattutto in Alfa Romeo, Jeep e Maserati.
Il cuore pulsante di FCA è rappresentato da Jeep e RAM, sono gli unici assets di grande valore, è normale che gli Agnelli li usino come carta negoziale. Purtroppo per Exor la vendita del gruppo a chiunque necessita dell’approvazione del governo americano. Dato che Trump è capace di litigare ugualmente con nemici ed alleati non spererei troppo neanche nei coreani.


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Qui devo tacere...


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Temprone ha scritto:
Qui devo tacere...


Why? :D


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daimlerchrysler ha scritto:
Temprone ha scritto:
Qui devo tacere...


Why? :D


Qnosce et non puote favellare.

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Don't blindfold your eyes,
so loneliness becomes the law of a senseless life
Follow your steps and you will find
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https://fiatgroupworld.com/2019/04/10/t ... os-to-fca/

Questo articolo in inglese spiega bene il perché FCA abbia comprato i crediti di Tesla.


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Fiat ha scritto:
Meanwhile, FCA would also drop some of its current models: Fiat 124 Spider, Alfa Romeo Mito and Giulietta, and Jeep Cherokee.



Bye Bye Mito, Giulietta, 124 (e fin qui niente di nuovo) e Cherokee??? :shock:

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Il Basso di Genova ha scritto:
Bye Bye Mito, Giulietta, 124 (e fin qui niente di nuovo) e Cherokee??? :shock:
Per EU il Cherokee è un'auto totalmente inutile e/o prezzata fuori mercato.


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mauro65 ha scritto:
Per EU il Cherokee è un'auto totalmente inutile e/o prezzata fuori mercato.


Ed ovviamente è tra i pochissimi suv di quella categoria che comprerei :sdentato


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Fiat Chrysler Automobiles will look to pool CO2 emissions with its Chinese partner in a move similar to its strategy in Europe where it is paying Tesla so that the Tesla vehicles are counted in its fleet to avoid fines for violating upcoming European Union CO2 reduction targets.

FCA has signed a "multi-year deal" with Tesla in Europe and is ready to look for similar deals in China in a pool led by its Chinese partner Guangzhou Automobile (GAC), CEO Mike Manley told shareholders at the company's annual meeting here on April 12.

FCA Chairman John Elkann said the automaker had advanced emissions-reducing technology that puts it at the industry's "leading edge" but was not obliged to use it. "Just because you have the ability, you do not necessarily have to build products that will not be profitable," he said.

FCA has agreed to pay Tesla hundreds of millions of euros for a pool to offset CO2 emissions from its cars against Tesla's electric cars in Europe and avoid EU fines.

Manley did not confirm the figure because it is "competitive information."

FCA's CO2 emissions in Europe will fall to 98.5 grams per km by 2021 from 120 g/km now, analysts firm PA Consulting predicts, meaning that the company will miss its target of 91.8 g/km. This leaves FCA at risk of a 700 million-euro penalty, PA Consulting said in a report. The pool with Tesla significantly reduces this risk.

Unlike rivals, FCA has no plans to launch low CO2 vehicles such as full-electric cars and plug-in hybrids on a big scale over the next few years. Such vehicles will account for 6.5 percent of the automaker's European sales in 2021, PA Consulting forecasts.

In comparison Renault-Nissan's new-car fleet will be made up of about 11 percent EVs and plug-in hybrids, enabling the alliance to avoid fines, PA Consulting said.


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In the United States, FCA has purchased emissions credits from Tesla, Toyota and Honda.

Manley said that FCA spent 350 million euros on buying emissions credits in the U.S. in 2018.

In China, the FCA-GAC joint venture, which builds Jeeps, last year missed its fleet emissions target of 6.7 liters per 100 km, coming in at 7.67 l/100 km, according to data released by the Chinese government and shown in a report by Bernstein Research.

The Bernstein Research report quoted GAC as saying that in 2019 "intra-group transfers of EV credits would help offset the lack of EV credit generation at their most problematic joint ventures."

Manley said for emissions calculation purposes FCA is willing to pool its Chinese production with GAC. He said the FCA will launch this year in China a plug-in version of the Jeep Grand Commander large SUV, which is built by the FCA-GAC.

FCA is working with GAC on the possible production of full-electric vehicles, Manley said.

The EVs will most likely be different versions of those built by GAC for other joint venture partners Toyota, Honda and Mitsubishi, research firm IHS Markit said.

Anni di investimenti minimi in nuove tecnologie stanno presentando il conto ad FCA. Non è solo in Europa che il gruppo italo-americano dovrà comprare crediti per compensare la media di emissioni di co2 ma anche in Cina e Nord America. Di per se’ non ci trovo nulla di male, è legale e lo possono fare. Nel lungo termine non so quanto sia sostenibile questa strategia.


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MessaggioInviato: mer apr 17, 2019 11:49 am 
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Sull'auto elettrica IMHO aveva ragione Marchionne.

D'altra parte, anche gli altri che hanno investito, al momento hanno a catalogo solo costosissime ciofeche.
Il solo ibrido che funziona è il Toyota (e un pochino l'Honda), la sola elettrica decente è la tesla (che comunque ha ancora limitazioni fortissime). Il resto è de la "merde en boîte", come dicono dall'altro lato delle Alpi. Il problema dell'auto elettrica sono le batterie.
Motori, azionamenti e cianfrusaglie varie le sanno fare tutti. Con le batterie giuste, anche io posso comprare una 147 e farla diventare elettrica nel mio garage.
E poi la rete di distribuzione dell'energia che dipende dalla produzione e dal resto.

IMHO a Fiat (e anche a tutti gli altri) stra-conviene comprare quote e smarcarsi da sto casino da cui non si sa come se ne uscirà.

_________________
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Guidavo Alfa 147 JTDm e Mazda MX-5 NC 1.8


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MessaggioInviato: mer apr 17, 2019 1:08 pm 
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Il Basso di Genova ha scritto:
Sull'auto elettrica IMHO aveva ragione Marchionne.

D'altra parte, anche gli altri che hanno investito, al momento hanno a catalogo solo costosissime ciofeche.
Il solo ibrido che funziona è il Toyota (e un pochino l'Honda), la sola elettrica decente è la tesla (che comunque ha ancora limitazioni fortissime)


Mi permetto di integrare il tuo posto, che condivido in toto, aggiungendo che la Tesla costa come un monolocale. Quindi è un'elettrica decente da happy feet, non da mobilità di massa. D'altronde batterie da 90 o 100 kw/h costano un capitale


Cita:
. Il resto è de la "merde en boîte", come dicono dall'altro lato delle Alpi. Il problema dell'auto elettrica sono le batterie.


E la ricarica. Perchè anche quando arriveranno, e prima o poi arriveranno, batterie meno pesanti e con più densità energetica, rimane sempre il collo di bottiglia della ricarica. Più la batteria è capiente, può energia devi fornigli ad ogni ricarica, e questo richiede tempo, e tanto. Le famigerate colonnine fast funzionano finchè le elettriche sono pochissime. Altrimenti devi mettere tante colonnine e cabine da decine di megawatt a fianco al parcheggio

Cita:
E poi la rete di distribuzione dell'energia che dipende dalla produzione e dal resto.
[/quote]

Quoto


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MessaggioInviato: mer apr 24, 2019 7:10 pm 
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On the morning of July 20, 2018, a warm Friday, a Fiat Chrysler corporate jet took off from Turin, Italy, with Chairman John Elkann on board. For the second time in a week, Elkann, a scion of Fiat’s founding Agnelli family, was crossing the Alps, headed for the University Hospital Zurich to try to discover what was wrong with his chief executive officer, Sergio Marchionne. Three days earlier, Elkann had been denied entry to the hospital’s intensive-care unit by Marchionne’s doctors who said it would be a violation of the patient’s privacy. The chairman hadn’t received an update on how the CEO was recovering from surgery he’d undergone at the end of June. No one at the company knew he’d been scheduled for the procedure.
Elkann had one issue on his mind. The company had told investors in its 2017 annual report that Marchionne was “critical to the execution” of its strategy, high praise yet high risk. Fiat’s market value had grown tenfold under Marchionne. What would happen if the superstar CEO—who ran three of the family’s huge companies—was incapacitated? Elkann had started evaluating options on the evening of his first visit to the Zurich hospital, as he headed to the airport after a walk by the lake with Marchionne’s partner, Manuela Battezzato. This second visit would be fraught: The company’s second-quarter results were due in five days, and media speculation was mounting over the CEO’s condition. As Elkann passed through the glass doors of the hospital, he saw Battezzato and, after speaking with her, came to the realization that his CEO was never coming back.


Marchionne ruled Fiat Chrysler Automobiles NV—and the Agnellis’ other car and truck companies, Ferrari SpA and CNH Industrial NV—with the help of his phones. For the most part, he used an iPhone with a profile picture of a red Ferrari passing a rival Mercedes at a Formula One Grand Prix. He gave out daily orders via WhatsApp to more than 50 people who reported to him directly. He seemed ruled by an obsessive attitude: “It is just right to get this done, it’s that simple,” he once said to Bloomberg Businessweek. The only time Marchionne’s phones got a rest was when he went to bed—and even that produced only a three-to-four-hour respite from meetings, emails, and texts each day.
Although the exact nature of his illness hasn’t been officially released, Marchionne knew he was seriously sick a year before he died. In the weeks before he suddenly vanished into the hospital in Zurich, he appeared pale, swollen, and weak even as he worked his mobile phones, running his automotive empire. Everything went silent after he went into surgery on June 28. Only Battezzato and his closest relatives knew he was being hospitalized. Everyone else—including Elkann, who’s Fiat’s controlling shareholder; the company’s top executives; and the board of directors—was left in the dark. Marchionne’s WhatsApp account went offline; hundreds of communications were left unread. A July 5 statement from a Fiat spokesman confirming the chief executive had undergone “shoulder surgery” with a “short period of recovery foreseen” was the only update given on his condition. The Agnellis’ three companies were at risk of coming to a standstill. Marchionne always had the last word on every big decision, from approving a Jeep commercial for the Super Bowl to choosing the design of the first-ever Ferrari SUV. He even signed off on the press releases that reported on monthly auto deliveries in Europe.
On June 1, just weeks before entering the hospital, Marchionne had celebrated reaching a major target: freeing Fiat Chrysler from industrial debt by the end of the second quarter so it would be better able to weather any sudden crises. Although Marchionne usually wore dark sweaters like his idol Steve Jobs, he celebrated the milestone by putting on a tie at the presentation of the five-year plan. That day, Fiat stock neared a record high in Milan trading: The three companies that were part of Fiat when Marchionne joined the company in 2004 were now worth $80 billion in total.
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Sergio Marchionne by Tommaso Ebhardt
Marchionne’s ultimate goal before a planned retirement in 2019 was to boost the group’s value to $100 billion. That plan required a momentous decision: Who would succeed him and take his legacy forward? He’d been considering starting his own management company with a group of close aides after leaving Fiat, but first he had to help Elkann select the right successors. “We will make the right choice on leadership, forget about it,” he said over dinner and grappa when I asked about the succession in his last sit-down interview, in January 2018. “The turkey that comes after this turkey will be a good turkey, and he’s going to be surrounded by a bunch of other turkeys who will be as fully committed as the top turkey that the new business plan works. What the f---do you care?”


In Zurich on July 20, Elkann knew he had to make that crucial decision without Marchionne at his side. Flying back to Turin—where Fiat was founded in 1899—he summoned top managers, executives, and members of the boards of Fiat, Ferrari, and CNH to assemble in the city the next day. Before they convened, he had to come up with candidates for them to consider. For Fiat, at least, that process had been under way for months. Potential candidates included Europe chief Alfredo Altavilla, Jeep boss Mike Manley, and Chief Financial Officer Richard Palmer. Elkann whittled the list down to two to discuss with the board: Palmer and Manley.
As the emergency meeting was coming together, Palmer took himself out of the race while Manley confirmed he wanted the job. So Elkann proposed Manley, who’d been key to the boom at Jeep, Fiat’s most profitable unit, where sales rose to more than 1.6 million in 2018 from 300,000 in 2009. Altavilla, Marchionne’s closest aide for over a decade, told the chairman he was going to resign. Palmer, who stayed on as CFO and has now been appointed to the board, is working closely with both Manley and Elkann on Fiat Chrysler strategy, with a new responsibility for mergers and acquisitions.
Elkann then chose Marchionne’s successor as chairman at CNH, naming Suzanne Heywood, managing director of Exor NV, the Agnelli family’s holding company, for the post. There was no obvious replacement at Ferrari because Marchionne had expected to stay at least three more years. Elkann chose Philip Morris International Inc. Chairman Louis Camilleri, a Ferrari board member, who had the international standing—and could take the job on just a few hours’ notice.
On July 21 the boards affirmed Elkann’s choices—just in time to make that night’s prime-time news shows. Four days later, Marchionne’s family announced that he’d died.


Marchionne left behind several “what ifs,” including ultimately fruitless approaches to Volkswagen AG and Peugeot SA about mergers. In 2013, Emmanuel Macron, then a top adviser to French President François Hollande, had preliminary talks with Fiat about a merger with troubled Peugeot. At the end of 2014, Marchionne was told by some of his advisers that Peugeot’s new CEO, Carlos Tavares, was interested in discussing a deal and wouldn’t compete with Fiat’s chief for the top job, according to three people familiar with the approach. But Marchionne by then had no interest. (Tavares denies making the offer.)
In 2016, Marchionne considered what was called the “Wulf Project”—an option to combine with Volkswagen’s U.S. operation in the wake of the German car company’s emission scandal. That led nowhere, and Marchionne soon turned his focus to his profit targets for Fiat Chrysler and boosting the value of its brands, which he hoped would make the company strong enough before his planned retirement to survive the disruptive electric and self-driving revolution.
There was one uncompleted project that Marchionne probably regretted to the end of his life. He wanted to create the world’s biggest carmaker by merging Fiat Chrysler with its biggest U.S. rival, General Motors Co. The plan was called “Operation Cylinder.” With Elkann, he sent three exploratory letters from 2013 to 2015 to GM executives, including new CEO Mary Barra. All went unanswered. Marchionne then tried to force Barra to the table by seeking help from activist investors. He even considered a hostile bid. In 2015, Marchionne had lined up initial commitments from European banks to finance a $60 billion cash offer for GM. But conditions weren’t right, as Elkann soon realized: It was too financially risky for indebted Fiat, and Barra had the backing of the U.S. establishment, along with top GM investors, including Warren Buffett. The Oracle of Omaha had discouraged Elkann, suggesting Barra should get her chance to run GM.
After months of preparation, Marchionne concluded he couldn’t push for a merger with GM. Clearly disappointed, he told me in an interview at his Michigan mansion, “If nobody wants you, then celibacy may be the only option.” He took out his frustration on the Agnellis, feeling a lack of support. This was one of the several ups and downs he had with Elkann, with whom he had a close relationship. But he was realistic enough to admit in private conversations that the U.S. would never allow him to wage a battle to unseat the first female CEO of the country’s biggest carmaker.


One of Elkann’s first strategic decisions after Marchionne’s death was the sale of Fiat Chrysler’s Magneti Marelli component business to KKR & Co.’s Calsonic Kansei—a move already in discussion in the months before the CEO’s final illness. That will bring more than €6 billion ($6.8 billion) of cash to the carmaker and a special dividend of €2 billion to its investors.
Since Marchionne’s death, two of the companies appear to be thriving. CNH stock has gained more than 10 percent, and Ferrari stock has recovered earlier losses with the help of strong revenue and profit.
But almost nine months after Marchionne’s death, Fiat Chrysler stock has lost more than 10 percent of its value—about €4 billion—amid a global car industry slowdown. Analysts are still worried about the company’s “durability without its architect, engineer and chief pilot at the controls,” as Bernstein Research’s Max Warburton—one of Marchionne’s favorite sparring partners—wrote in his tribute note after the CEO’s death.
Manley’s first official pronouncements as CEO didn’t help. On July 25, a few hours after Marchionne’s death was announced, he cut 2018 profit targets, and shares plunged more than 15 percent that day. Six months later, the stock took another hit when he provided investors with a weak 2019 outlook. Manley is facing a tougher-than-expected business environment, including a trade war between the U.S. and China and stricter emission rules, especially in Europe. Car sales fell globally in 2018 and are on pace for another decline this year.
As the market slows, automobile manufacturers are under intense pressure to combine efforts and investment as they develop expensive technologies. Manley has signaled that Fiat Chrysler is again open to explore ways to cooperate or even merge with other carmakers. Fresh talks with Peugeot have begun for joint investments, according to people familiar with the matter. Fiat shares have been rising since the beginning of March on speculation of a deal in the works.
Fiat Chrysler has at least two pieces of Marchionne philosophy to guide it. His Turin office was adorned with a portrait of Pablo Picasso and the motto “Every act of creation is first of all an act of destruction.” Then there are Marchionne’s own words: “I am a fixer by nature. Things that are not well run, well structured, ready to compete, are not good things. I need to fix them.” Like everyone else in the industry, Elkann is aware that the next automotive revolution is under way—and that he and Fiat Chrysler are heading into it without Marchionne there to fix things.

Articolo di Bloomberg sull’ultimo libro di Tommaso Eberhardt (giornalista bassetto e occhialuto di Bloomberg che negli anni aveva costruito un rapporto personale con Marchionne). Il giornalista rivela che effettivamente Elkann era all’ oscuro della malattia di Marchionne e che solo dopo un viaggio a Zurigo venne a conoscenza dell’ irreversibilità della situazione clinica. Vengono svelati anche i diversi tentativi di alleanze. Nel 2013 fu Macron a cercare Marchionne per salvare Psa, poi lo stato francese preferì fare in proprio. Il famigerato corteggiamento di GM fu affondato dalle banche USA e dai tentennamenti di Exor, Marchionne aveva addirittura pronta una scalata ostile. Nel 2015 e nel 2017 fu tentata la strada Vw, inutilmente.


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MessaggioInviato: lun apr 29, 2019 1:23 pm 
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https://www.repubblica.it/economia/2019 ... P8-S1.4-T1

Nell’ambito della presentazione del libro di EBerhardt su Marchionne Manley ha dichiarato che FCA con i suoi marchi è ottimamente posizionata per cavalcare la rivoluzione tecnologica e non diventare una commodity.
È una dichiarazione molto interessante, soprattutto perché la trovo sbagliatissima.
FCA ha un parco molto nutrito di marchi, ma quasi nessuno è in salute. Jeep è indubbiamente il diamante dell’impero però non è un trionfo assoluto come si vuole far credere. In Cina sta floppando paurosamente, in Europa per loro stessa ammissione sono molto al di sotto delle aspettative. Negli USA i piazzali sono stra pieni, persino la Wrangler sta stentando.
RAM sta battagliando con la Chevrolet Silverado per il secondo posto ma con 15.000 dollari di sconto.
Il resto del portafoglio marchi è desolante, Alfa e Maserati sono al loro ennesimo rilancio che non arriva. Fiat, Chrysler e Dodge sono ormai evanescenti. Sono proprio questo marchi che rischiano di diventare “eliminabili”.
Vedremo cosa farà il nuovo ceo ma le pressioni competitive in Europa e Cina rischiano di rendere FCA irrilevante come player in queste 2 aree geografiche.
Nell’ambito degli analisti automotive si parla molto della possibile superpiattaforma con PSA e dell’ alto livello di scorte negli USA. Se ci sarà un calo importante della domanda negli States FCA potrebbe diventare una preda per acquisizioni.


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MessaggioInviato: mer mag 01, 2019 11:58 am 
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https://www.carscoops.com/2019/05/fiat- ... ons-rules/

Fiat ha cancellato il Fullback, ci sono trattative con costruttori terzi per creare un nuovo pick up medio anche con il marchio RAM.


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