Già che ci siamo..
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L'attuale supremazia dei motori a pistoni nella propulsione delle automobili non è un dogma né un elemento immutabile nella storia della motorizzazione, come dimostrano le prime vetture a vapore ed elettriche. Anche il propulsore a turbina, sperimentato da numerosi costruttori durante tutto il dopoguerra è arrivato fin quasi a proporsi quale valida alternativa alle unità tradizionali, in seguito anche agli sforzi espressi fino a 30 anni fa da Chrysler. "Questa è la storia di una teoria, di una promessa, di una sfida, e di un motore. La teoria è la semplicità di una turbina come fonte di potenza. La promessa è il suo grande potenziale come motore di una automobile. La sfida è la lunga lista di problemi apparentemente insormontabili che gli ingegneri di Chrysler devono risolvere. Il motore, e la Chrysler Turbine Car che esso motorizza, testimonia il loro successo". Così recitava, nel 1964, la brochure di presentazione della Chrysler Turbine Car, il più grande programma per lo sviluppo e la produzione in serie di un'automobile azionata da una turbina a gas.
I PIONIERI
La nascita della prima automobile mossa da una turbina a gas, anziché dal classico motore a pistoni, è frutto del travaso di conoscenze e studi effettuati in campo aeronautico dall'inizio del Novecento, in parallelo a quel processo che ha portato all'introduzione della sovralimentazione tramite il turbocompressore . Il protagonista "aeronautico" fu il Dott. Sanford Moss della General Electric, che conduceva studi sulle nascenti turbine a gas e che per primo applicò il turbocompressore ad un motore per velivoli "V12 Liberty", dimostrando, in un test ad alta quota a Pikes Peak, come esso potesse eliminare la perdite di potenza dovute alla rarefazione dell'aria. Il protagonista "automobilistico" era l'Ing. George Huebner e lavorava alla Chrysler. Essi si incontrarono nel 1935 alla Chrysler, in occasione della dimostrazione del turbocompressore su una autovettura Imperial. Huebner fu incoraggiato da Moss nel proseguire la ricerca nel campo delle turbine a gas, che fino a quel momento non avevano prodotto risultati incoraggianti. Durante la guerra, gli studi di Huebner si concentrarono nello sviluppo del motore per un nuovo aereo da combattimento, un V16 accoppiato ad una turbina azionata dai gas di scarico del motore a pistoni. Questa fu la prima applicazione del principio della turbina a gas alla Chrysler.
IL DOPOGUERRA
Al termine della guerra, nel 1946, consapevole delle ricerche condotte fino ad allora, il Governo assegnò alla Chrysler un contratto per proseguire gli studi sulle turbine a gas in campo aeronautico. Nel 1949 gli studi ritornarono sul campo automotive, ma le esperienze maturate si rivelarono inadatte per l'applicazione su un motore automobilistico. Il problema risiedeva nella tipologia di scambiatore di calore (detto rigeneratore), di tipo fisso. Scopo del rigeneratore è pre-riscaldare l'aria in ingresso nella turbina, sfruttando i gas caldi in uscita: in questo modo si ottiene una notevole riduzione dei consumi. Poiché una automobile spende la maggior parte della sua vita a circa il 20% della potenza, il recuperatore doveva avere dimensioni proibitive per assolvere alla sua funzione. La soluzione fu il rigeneratore rotativo. Nonostante la complicazioni costruttive, il rigeneratore rotativo fu realizzato nel 1951. La prima automobile per trasporto passeggeri azionata da una turbina fu una Plymouth Belvedere che mosse i primi metri tra due ali di folla nel 1954. Ad essa seguirono negli anni successivi altri prototipi che furono impegnati in vari test di sviluppo del motore a turbina. Nel 1956, una berlina Plymouth lasciò il Chrysler Building di New York e percorse 3.020 miglia in quattro giorni fino a Los Angeles, consumando 18 litri di carburante ogni 100 km. Il viaggio non fu esente da problemi meccanici, ma la turbina e i suoi componenti base diedero dimostrazione di affidabilità. Molto lavoro, però, doveva essere fatto per conferire alla vettura una guidabilità pari a quella garantita da un normale motore a pistoni, visto che il ritardo di risposta in accelerazione (turbo-lag) ammontava a ben 7 secondi!
LA TECNICA
A questo punto, addentriamoci nella tecnica della turbina a gas per comprendere perchè Chrysler impiegò tante risorse su questa soluzione. La turbina a gas offre notevoli vantaggi: assenza di vibrazioni, leggerezza e semplicità, pochi componenti (un quinto rispetto ad un motore a pistoni) e capacità di funzionare con un gran numero di carburanti o di una qualsiasi loro miscela, come benzina, gasolio, cherosene, alcool o gas. Operando con eccesso d'aria, la combustione è pressoché perfetta e non si producono nè idrocarburi incombusti nè monossido di carbonio. Inoltre, non necessita né di un radiatore né di un sistema di riscaldamento, i gas di scarico sono più freddi, si avvia immediatamente anche sotto zero. Il principio di funzionamento di una turbina è uno dei più antichi al mondo: pensiamo al mulino a vento, dove il vento mette in rotazione le pale. Un motore a turbina è ovviamente molto più sofisticato, soprattutto perché essa stessa deve generare il proprio vento. Schematicamente, una turbina aeronautica si compone di un compressore che introduce aria, comprimendola e riscaldandola, in una camera di combustione; qui viene iniettato il combustibile che bruciando genera un flusso di gas caldi (il "vento") che si espandono molto velocemente; questi poi investono la turbina e la mettono in moto; infine i gas escono dalla turbina fornendo la spinta necessaria. In pratica è la stessa sequenza che si ha in un motore a pistoni a quattro tempi (aspirazione-compressione-combustione-espansione), con la differenza che in una turbina le quattro fasi avvengono come un processo continuo.
Compressore e turbina si presentano come dei dischi sui cui sono calettate molte palette radiali, sagomate per guidare al meglio il flusso di gas. E' importante notare il duplice lavoro della turbina: la sua funzione è sia generare il flusso di gas per l'avanzamento, sia di azionare il compressore, lavoro che assorbe ben due terzi della potenza complessiva della turbina. Il motore sviluppato dalla Chrysler utilizzava due turbine indipendenti, una dedicata all'azionamento del compressore e degli accessori, l'altra, detta turbina di potenza, ad azionare le ruote: i gas caldi provenienti dalla camera di combustione investivano le due turbine in sequenza. La prima ruotava da 18mila giri/min al minimo fino ai 44mila giri/min alla massima potenza; la seconda ruotava solo quando l'auto era in moto, arrivando a circa 45mila giri/min.
DIFFERENZE SOSTANZIALI
Vale la pena chiedersi perché nonostante i vantaggi elencati, la turbina a gas non si era mai imposta sul motore a pistoni, utilizzato sulle automobili da oltre 75 anni, al contrario di quanto è avvenuto nei cieli. Il primo motivo risiede nelle differenti condizioni di funzionamento: la turbina a gas risulta superiore al motore a pistoni quando lavora a regime costante, come in un aereo, mentre il motore a pistoni è più adatto a rapide variazioni di regime in un ampio campo di utilizzo, come richiesto dal motore di una automobile. Il secondo motivo è economico: il motore di una automobile deve avere un costo contenuto, quindi non è pensabile utilizzare direttamente la tecnologia delle turbine a gas aeronautiche, che utilizzano leghe metalliche speciali nella costruzione delle palette.
LA SPERIMENTAZIONE CHRYSLER
Gli ingegneri Chrysler svilupparono una gruppo propulsore a turbina adatto al funzionamento di un'automobile. Il già citato rigeneratore rotativo permise di ridurre la temperatura dei gas di scarico (da 650°C a 250°C circa a pieno carico) e il consumo di combustibile: esso consisteva in uno scambiatore di calore con struttura a nido d'ape di forma circolare e ruotante in un piano verticale, che immagazzinava il calore dei gas caldi della turbina di potenza raffreddandoli, per poi trasportarlo e cederlo all'aria in uscita dal compressore prima dell'ingresso in camera di combustione. Venne poi sviluppato un meccanismo di regolazione del flusso d'aria in ingresso alla prima turbina, comandato direttamente dal pedale dell'acceleratore: ciò permetteva di guidare in maniera ottimale il flusso dei gas, per migliorare l'efficienza e la flessibilità di funzionamento e realizzare il freno motore.
I PRIMI PROTOTIPI
Il primo motore a turbina erogava 100 CV a 3600 giri/min dell'albero di uscita; la coppia massima di 570 Nm, e questa è una caratteristica delle turbine, era disponibile già alla spunto garantendo eccellente accelerazione e flessibilità già alle basse velocità, scongiurando di fatto ogni possibile stallo del motore sotto carichi eccessivi. Il cambio utilizzato sulla Turbine Car era un classico 3 marce automatico, ma privo del convertitore di coppia poichè la turbina di potenza, come visto, era meccanicamente scollegata dal gruppo compressore e poteva quindi essere connessa direttamente all'albero di ingresso. La seconda generazione del motore a turbina fu installata nel 1959 in una Plymouth. Significativi miglioramenti riguardarono il compressore, il rigeneratore e il bruciatore, per una potenza che arrivò a 200 CV. Ma la più importante innovazione degli ingegneri Chrysler fu la creazione di una nuova lega per la produzione delle ruote e delle palette delle turbine, con materiali di basso costo e facile reperibilità, ma ugualmente resistente alle sollecitazioni e al calore. Ciò permise di mantenere il costo del motore entro limiti adatti per una produzione in serie.
GLI ESPERIMENTI PROSEGUONO
Visti i progressi ottenuti, nel 1961 debuttò la terza generazione, introdotta su tre veicoli: un prototipo di vettura sportiva "Turboflite", dotata di una linea futuristica, una Plymouth del 1960 e infine un autocarro Dodge. Questi due ultimi erano veicoli di normale produzione, a dimostrazione della versatilità e adattabilità del motore a turbina. Montato poi su una Dodge Turbo Dart, il motore percorse nel 1962 un coast-to-coast di 5000 km da New York a Los Angeles, affrontando le più difficili condizioni ambientali e dando ancora una volta prova di grande affidabilità. Tecnicamente, venne introdotto un sistema automatico di regolazione aria sulla turbina di potenza, per ottimizzare consumi e prestazioni: il turbo-lag scese dai 7 secondi della prima generazione a meno di 2. Le cose sembravano andare davvero nel verso giusto: Huebner, primo ingegnere del settore auto, fu insignito di una onorificenza della Società Americana degli Ingegneri Meccanici per il suo impegno nello sviluppo della turbina a gas; nel 1963, la Chrysler presentò la Turbine Car e annunciò un programma di produzione di 50 veicoli che sarebbero stati affidati a normali guidatori.
TURBINE CAR
La Turbine Car era un'automobile completamente nuova, una 2 porte con 4 posti e hardtop. L'elegante carrozzeria era costruita dell'italiana Ghia. Il simbolismo della turbina era presente ovunque: fari circolari davati e cilindrici dietro, diffuse alettature, cerchi che riprendevano il tema delle palette. Negli interni, spiccava una console tubolare d'alluminio che si estendeva per tutta la lunghezza dell'abitacolo. La quarta generazione del motore presentava una nuova configurazione con due rigeneratori, uno su ogni lato, ed era più leggero, compatto e silenzioso. Erogava 130 CV e 576 Nm, valori all'epoca prerogativa solo dei grossi V-8 di 6 l di cilindrata. I 50 esemplari vennero completati nel 1964 e assegnati a rotazione per tre mesi ad una selezione di normali guidatori: l'obiettivo era collezionare il maggior numero di informazioni e esperienze con la Turbine Car nella più ampia varietà di condizioni di utilizzo. Il test si concluse nel 1966, dopo che 203 guidatori avevano complessivamente percorso oltre un milione di miglia. I commenti furono confortanti: venne apprezzata la silenziosità, l'assenza di vibrazioni e la facilità di avviamento, meno la richiesta di carburante, soprattutto nella guida cittadina. La Chrysler fu soprattutto interessata nell'affidabilità del motore e nell'entità della manutenzione richiesta: i malfunzionamenti ammontarono a meno dell'un per cento del tempo totale di prova.
IL DECLINO
Per migliorare i consumi, Chrysler mise in campo la quinta generazione del motore a turbina, dotato di un rigeneratore più grande. Non fu mai testato, a causa di difficili condizioni economiche e per la necessità di sviluppare un nuovo bruciatore per venire incontro alla normativa sulle emissioni di ossidi di azoto. Si passò quindi direttamente alla sesta generazione, con miglioramenti in silenziosità e combustione. Venne installato su una Dodge Coronet e usato per test dal 1966 al 1973. Per i continui progressi nel campo delle turbine a gas, Chrysler ottenne nel 1972 un contratto dall'Agenzia di Protezione Ambientale per raggiungere gli obiettivi di riduzione di emissioni e consumi, e di competitività nei confronti dei convenzionali motori a pistoni. A seguito di ciò, Chrysler sviluppò, tra il 1974 e il 1978, molti nuovi componenti per la settima generazione della sua turbina, i più importanti dei quali furono l'iniezione di acqua nel compressore e il concetto di "rotore libero". L'iniezione di acqua permetteva di innalzare la potenza da 104 CV a 123 CV, grazie all'effetto di raffreddamento dell'aria in ingresso al compressore; con il "rotore libero", venivano sconnessi dal compressore tutti gli organi accessori (pompa olio e carburante, rigeneratore...) e portati in carico alla turbina di potenza, ottenendo una migliore risposta del compressore, consumi più bassi e minore rumorosità.
IL SOGNO FINISCE
Ma come tutte le belle storie, anche questa giunse al termine, ma senza lieto fine. Nel /b>1979 la Chrysler cadde in una profonda crisi, e una delle condizioni da rispettare per accedere a prestiti statali fu di sospendere il programma Turbine Car, giudicato evidentemente troppo rischioso e costoso. Delle 55 vetture complessivamente costruite (50 di produzione più 5 prototipi), 46 vennero distrutte, in linea con la triste pratica dell'industria automobilistica di eliminare qualsiasi prototipo non destinato alla produzione. Delle nove rimanenti, sei hanno il motore non più funzionante e le altre tre sono conservate nel museo della Chrysler. Al di là delle comunicazioni ufficiali, le ragioni che portarono al fallimento del progetto Turbine Car, furono probabilmente tecniche. Le regolamentazioni sulle emissioni di ossidi di azoto erano sempre più stringenti, e nonostante gli sforzi i consumi e la guidabilità del motore non erano competitivi rispetto ad un tradizionale motore a pistoni. A livello industriale, sarebbe stato necessario costruire una fabbrica dedicata e non tradizionale, e addestrare il personale verso questa nuova tecnologia.
In parole povere, non un'idea del cavolo ma nemmeno una soluzione funzionale (lag di 2 secondi e consumi elevati). Non funziona.
Il motore a pistoni ha più di 100 anni. Fà talmente schifo che ci sono state tonnellate di tentativi di inventare qualcosa di diverso. Eppure sono tutti sostanzialmente falliti. Un motivo ci sarà? Forse che tante idee che sembrano semplici e geniali, messe dentro il cofano di un'auto lo diventano molto meno...